Tff ’05 - FUORI CONCORSO - IL GUSTO DELL’ANGURIA

Riferendosi a film come “Il gusto dell’anguria”, è assolutamente pressante la voglia di evitare di ingabbiare la pellicola tra le strette maglie di una recensione, ma è, al contempo, esplosivo il desiderio di riuscire a restituire la libertà del gesto filmico, l’assoluta anarchia dei sentimenti, dipinta, in ogni sequenza, con colori che, mischiandosi tra loro, invadono prepotentemente l’universo dell’immagine pittorica, la creatività di un regista, Tsai Ming-liang, che viaggia alla ricerca della poesia del gesto sessuale, che rincorre l’illusione, rendendola più vicina alle possibilità umane, di liberare il corpo da qualsiasi vincolo mercificatorio, congiungendo il materialismo e la carnalità con una spiritualità in grado di raggiungere vette emotive straordinarie. Il piacere della visione, dunque, sembra allontanare l’attenzione da una costruzione di significati e significanti che è, invece, il primo passo verso l’esplosione di libertà creativa che il film rappresenta. Gioca con i colori, il regista, con la luce e dimostra di riuscire a plasmarla con le armi di un’ironia che sempre più si spinge verso l’immaterialità della composizione lirica. Mette in mostra la continua spirale consumistica dei nostri tempi che arriva a coinvolgere e ad attaccare tutto ciò che della nostra vita è strumento, desiderio, rappresentazione ed emanazione, ed in un presente, affogato dalla mancanza d’acqua e sconvolto da solitudini che sembrano riuscire ad incontrarsi solo nel regno onirico, costruisce un viaggio incessante tra il mondo dei sogni e la realtà. Le sequenze musicali rappresentano momenti di cinema che per intensità, per costruzione, ma forse sarebbe più giusto parlare di semplice bellezza, rappresentano una rarità ed, insieme, un susseguirsi di dolci momenti di sconvolgimento. Dal forte legame con gli attori nasce, poi, questa magnifica commistione tra la potenza di una struttura forte e decisa dello spazio filmico e una libertà attoriale che, più che il senso dell’improvvisazione, rimanda ad una liberazione della recitazione da qualsiasi vincolo tecnico e cervellotico. Gli attori, infatti, si muovono liberi di impreziosire la pellicola con il loro istinto e la loro interpretazione finisce con il contribuire alla fantastica oniricità della stessa. Il sesso, di cui non mancano rappresentazioni estremamente esplicite è, dunque, analizzato e studiato nella sua duplice veste di oggetto commerciale, nella realtà pornografica, ma anche nella sua biologica veste generatrice. Di questo, Tsai ming-jang ci dà manifestazione nella tanto affascinante, quanto dura e semanticamente totale, sequenza finale, in cui Shiang-Chyi assume il ruolo di un’immensa arca raccoglitrice in cui sono stati appena gettati i germi di una nuova vita. Ed è tale l’emozione, che le sue lacrime sembrano essere anche il riflesso del nostro sentire, in una sequenza in cui, come detto, la vita si mostra nel suo scorrere attraverso il nostro sangue ed in cui ogni spasmo che il corpo umano è in grado di produrre lancia urla che vogliono essere, allo stesso tempo, espressione d’amore e rivendicazione di esistenza. E l’amore tra i due protagonisti prende piede ed aumenta così come solo il più puro può essere, nella corporeità di un silenzio verbale cui corrisponde un continuo gioco d’azioni, tra le più banali e semplici, come quello di offrire un succo di anguria o di cucinare insieme, ma, proprio per questo, così infantilmente prive di sovrastrutture e con la poeticità di quell’amore adolescenziale che spesso, per la sua potenza e forse nostalgica immaturità, si ricerca, vanamente, per tutta la vita. Il riaccendersi della luce in sala colora lo sgomento, per la fine dello spettacolo, di un entusiasmo che, per chi ama il Cinema, diventa scintilla di passione e, superato l’attimo di egoismo che vorrebbe vederci come unici fruitori di un tale circo di sensazioni, bisogno di confronto. Questo, probabilmente, è il regalo più importante che il cineasta di Taiwan ci offre con il suo meraviglioso film.
Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Tsai Ming-liang; Fotografia: Pen-jung Liao; Scenografia: Timmy Yip; Costumi: Huey Mei Sun; Montaggio: Sheng-Chang Chen; Suono: Du-Che Tu, Shang-Chu Tang; Interpreti: Lee Kang-sheng, Chen Shiang-chyi, Lu Yi-ching, Yang Kuei-mei, Sumomo Yozakura, Hsiao Huan-wen; Produttore: Bruno Pèsery; Produzione: Arena Film; Coproduzione: Homegreen Films, Arte France Cinema; Distribuzione: Bim
