The Conspirator

Forse non sarà un caso se la distribuzione italiana ha deciso che il suo pubblico, sia quello da sala che quello da salotto, più o meno negli stessi giorni potrà vedere scorrere sullo schermo un po’ di storia americana, nelle specifico relativamente a due icone che in gran parte incarnano quanto di meglio l’America voglia offrire di sé, al di fuori e dentro i propri confini.
Poiché da una parte vi è il gruppo di famiglia di The Kennedys, con al centro il figlio prediletto JFK; mentre dall’altra l’immagine di Abraham Lincoln, appena intravista nella completezza della sua corporeità, eppure fantasma che di continuo aleggia sulla pellicola di Robert Redford. In ogni caso raffigurazioni di sogni improvvisamente interrotti, emblemi di un’America ferita che violentemente ha perduto il proprio futuro che sembrava essersi incarnato in due figure mitiche (pur nei limiti delle controversie che possono emergere in seguito ad un’accurata indagine storica che voglia scoprire cosa si nasconde dietro il Mito).
Da un lato una profonda empatia verso un dramma innanzitutto umano e personale, in un percorso che procede dalla vastità degli eventi fin dentro al particolare più intimo; dall’altro il cammino di personaggi calpestati dall’ombra gettata dalla Storia, negli attimi in cui si procedeva a scrivere un’altra pagina oscura nella biografia di una Nazione sul punto di rinascere, mentre cercava di rimarginare la frattura che l’aveva attraversata negli anni della Guerra di secessione. La meta fu una pace che calpestava proprio quei diritti umani dei quali già da tempo gli Stati Uniti affermavano di essere portatori.
Perché «Sotto le armi le leggi tacciono». Così come accaduto nella vicenda di Mary Surrat, forse ingiustamente accusata di far parte di una cospirazione per uccidere il Presidente, giudicata da un tribunale di militari riunitosi in tempi di non belligeranza, spinta verso il baratro dal Ministro della Guerra Edwin Stanton, il quale desiderava un processo veloce per scongiurare la possibilità di una seconda guerra civile, anche a costo di andare contro la costituzione. Una fotografia proveniente da un lontano passato che, nello script di James D. Solomon, si tinge dei colori del presente, quello dell’America post 11 settembre.
E, così come in The Kennedys era centrale la tematica legata alla paternità, allo stesso modo qui diviene fondamentale quella della maternità, in entrambi i casi trattandosi di rappresentazioni della Storia: le radici che affondano nel passato e i rami che si distendono per provare a toccare il futuro; in mezzo, il presente, loro campo di battaglia e luogo nel quale cercare la possibilità di una concordia e di un’armonia. Genitori e figli, comunque legati da un rapporto di fedeltà, devozione, onore e tradimento, i medesimi sentimenti che si possono tenere verso degli astratti ideali di vita.
Una visione, quella di The Conspirator, che porta in scena il dolore di un’esistenza alla ricerca di una verità che possa esser vera; la concretezza di corpi e anime che si dibattono soffrendo e l’astrattezza di concetti e ideali da esporre e (ri)proporre; un dignitoso cinema di impegno civile, partecipe ma asciutto, che mostra la lotta di alcuni individui contro il senso comune e le macchinazioni di un sistema che vuole fagocitare le loro vite, le loro speranze.
(The Conspirator); Regia: Robert Redford; sceneggiatura: James D. Solomon; fotografia: Newton Thomas Sigel; montaggio: Craig McKay; musica: Mark Isham; interpreti: James McAvoy (Frederick Aiken), Robin Wright (Mary Surrat), Kevin Kline (Edwin M. Stanton), Evan Rachel Wood (Anna Surratt), Danny Huston (Jag Holt), Tom Wilkinson (Reverdy Johnson), Justin Long (Nicholas Baker), Alexis Bledel (Sarah Weston), Johnny Simmons (John Surratt), Toby Kebbell (John Wilkes Booth), Gerald Bestrom (Abraham Lincoln); produzione: The American Film Company e Wildwood Enterprises; distribuzione: 01 Distribution; origine: USA, 2010; durata: 110’; web info: minisito sul sito della 01.
