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The Elephant And The Sea - Concorso - Tff 2007

Pubblicato il 27 novembre 2007 da Salvatore Salviano Miceli


The Elephant And The Sea - Concorso - Tff 2007

Tempi narrativi sospesi, linguaggio rarefatto, personaggi internamente dilaniati, incapaci di un confronto sereno con il vivere, convulsi in una solitudine che solo a tratti, ma mai del tutto, sembra potersi aprire agli altri, attanti ignari e vittime designate di un paesaggio indefinito ed indefinibile i cui elementi giocano, in una eco di atmosfere leopardiane, a piegare come frammenti materici i passaggi dell’esistenza.
The Elephant and the Sea, opera seconda, di Woo Ming Jin deve tanto per modi e tempi, per il respiro che cerca di imprimere al suo film, alla cinematografia di Tsai Ming Liang. Ma il risultato è ben distante dalla poesia e dalla bellezza assoluta dell’opera del regista di Taiwan. Sono buoni gli spunti, così come l’attenzione al dettaglio apparentemente insignificante, è pressante la necessità di raccontare l’uomo, la sua socialità, il suo tentativo, spesso inutile, di relazionarsi.
Parte dalla verità Woo Ming Jin, raccontando, sotto forma di una personale riflessione, l’epidemia che nel 1999 ha colpito Ipoh, la sua città natale, mettendo in ginocchio l’economia locale basata sull’allevamento di maiali e provocando numerose vittime. Il regista si concentra sulla reazione di due abitanti, un ragazzo che vive provocando incidenti e poi facendosi pagare il soccorso, ed un vecchio pescatore rimasto senza moglie che lentamente, grazie ad una prostituta, torna a provare vecchi desideri sopiti da tempo.
C’è qualcosa di indecifrabile, però, che non permette al film di dirsi completamente risolto, che lascia interdetti nel giudizio. È come se Woo Ming Jin non riuscisse a trovare il completamento della forma, restando in una terra indefinita, una linea di mezzo che tende al rarefatto senza possederne il cinico lirismo, ma che, al contempo, ha abbandonato la regione delle certezze narrative e della retorica del semplice film di finzione. Il risultato è quindi un ibrido che lascia abbastanza freddi, che si sforza di tracciare un confine e di superarlo senza riuscirci.
Pesa nel giudizio complessivo dell’opera, girata in HD, la presenza di una luce impura, errata, spesso non filologica. Tsai Ming Liang, a cui spesso il regista è stato avvicinato, trova proprio negli scambi cromatici, nella dialettica tra chiaro e scuro, nella fotografia mai improvvisata che diviene primo passaggio di significazione, la sua chiave interpretativa.
The Elephant and the Sea resta un film interessante, ripetiamo, per quel germoglio che mette in mostra, per un’idea del fare cinema che l’Europa ha ormai dimenticato e di cui l’Oriente è ormai maestro. Bisogna però distinguere tra i prodotti di altissimo valore che, specie negli ultimi anni, hanno invaso il nostro mercato e quelli, è questo il caso, che necessitano ancora di maturare.


CAST & CREDITS

(The Elephant and the Sea); Regia, sceneggiatura, scenografia: Woo Ming Jin; fotografia: Chan Hai Liang; montaggio: Kok Kai Foong; musica: Ronnie Khoo; interpreti: Berg Lee (Yun Ding), Kok Keong (Ah Ngau), Ng Meng Hui (Su Ling), Cheong Wai Loon (Long Chai); produzione, distribuzione: Greenlight Pictures, Maverick Media; origine: Malesia, Olanda 2007; durata: 95’


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