THE GUARDIAN

«Noi siamo la guardia costiera: nessuno pensa a noi, finché non ha bisogno di noi».
Chissà se veramente è stato Katrina il motivo per cui l’America ha cominciato a interessarsi ai Rescue Swimmers, così come l’11 settembre ha reso in primis i vigili del fuoco i nuovi eroi per una nazione ormai a corto di paladini senza macchia, per il breve lasso di tempo che è intercorso tra la celebrazione di chi lavora per salvare vite e il ritorno alla glorificazione di chi ha scelto il mestiere di uccidere (ed essere comunque ucciso) in un Paese lontano.
Questa è la Realtà che il cinema americano è in grado di volgere al conseguimento dei propri fini: si legga l’a propos de di Alessandro Izzi fra le pagine di questo sito.
Ben Randall (Kevin Costner) è un leggendario addetto al salvataggio in mare che perde il suo equipaggio durante una missione: a causa del tragico incidente, vivrà traumatici strascichi sia fisici che psichici. E proprio per farlo tornare in perfetta forma, il suo superiore lo convincerà a trascorrere alcuni mesi come insegnante nella “A School”, la più rinomata accademia per gli aerosoccorritori. A causa dei suoi poco ortodossi metodi di addestramento, all’insegna della fatica più estrema, il suo rapporto con la classe incontrerà varie difficoltà, in particolare con Jake Fischer (Ashton Kutcher), arrogante recluta, ma anche provetto nuotatore e soccorritore da svezzare, che sembra avere in sé le stimmate del predestinato.
Evidentemente in questo film sale a galla un tipico rapporto Padre-Figlio, con al centro un uomo senza discendenti “naturali” da accudire e a cui lasciare degli insegnamenti di vita, e che ha vissuto sempre da solo, col suo lavoro e una moglie amorevole, con la quale ha condiviso un matrimonio ormai fallito («Tempo fa stavo soccorrendo una coppia: l’uomo stava facendo affogare la moglie per rimanere a galla, secondo un normale istinto di sopravvivenza. Penso che io abbia fatto lo stesso con te, per anni»). Fra i tanti figli possibili, Ben per sé sceglierà Jake non solo perché è il più bravo, ma anche perché nasconde un trauma dietro la sua dura scorza e perché sembra ricordargli lui stesso da giovane; ma solo quando Jake accetterà di diventare parte di una squadra – ossia di un Corpo unico fatto di tanti corpi – potrà sedere accanto al Maestro, lavorando fianco a fianco a lui.
Ma, affinché il Nuovo possa intraprendere la sua strada, è necessario che il Vecchio muoia, all’insegna di un completo ricambio generazionale; e il mito umano, in carne e ossa, potrà così trasfigurarsi in un Mito ultraterreno ed eterno, come il mare sotto il quale giace, sempre intento a pescare uomini. Questa è la leggenda del Guardiano.
Una serie di tempeste perfette con le quali la Natura si mostra più forte dell’uomo. Ma anche una militaresca Cultura americana che ricorda molto quella di Ufficiale e gentiluomo e di Top Gun, tipici prodotti dell’epoca reaganiana che esaltano la forza e la capacità di un individuo nel sopportare stoicamente qualsiasi malversazione, al chiuso di una marziale cattività, attraverso la quale è sì possibile emergere a una nuova vita, ma dalla quale si vuole ogni volta fuggire, anche grazie a una storia d’amore che è suggello di un romanzo di formazione, alla fine del quale il singolo potrà finalmente usare il proprio talento, ma al servizio della collettività.
L’ambiente militaresco dei guardacoste, però, non è disumanizzante e, invero, viene anche contrapposto a quello degli "animaleschi" membri della marina militare, contro i quali Ben e Jake avranno una simpatica scazzottata. E, assieme all’apologia e alla propaganda, si fa più volte largo una certa ironia.
Ma, sebbene The Guardian sia un tentativo, a suo modo anche lodevole, di esaltare le gesta degli eroi invisibili, rimane comunque difficile pensare come possa sfiorare i cuori di un pubblico anche solamente un po’ smaliziato. Perché quel poco di felice che il film presenta, viene comunque annegato in un sostanziale sadismo nei confronti dello spettatore, che con fatica può resistere alle due ore e passa di proiezione, assillato da una sceneggiatura che si dilunga troppo sui due protagonisti, a scapito dei personaggi di contorno, e che allunga fin troppo la narrazione, attraverso una serie di finali posticci che servono solamente a condurre Ben alla sua ovvia beatificazione.
Rimane, però, anche un’altra nota positiva: si tratta di Kevin Costner, la cui performance, di classe, sovrasta appieno la “recitazione” dei giovani Ashton Kutcher e Melissa Sagemiller, tanto belli, quanto tediosamente monoespressivi.
(The Guardian) Regia: Andrew Davis; soggetto e sceneggiatura: Ron L. Brinkerhoff; fotografia: Stephen St. John; montaggio: Thomas J. Nordberg e Dennis Virkler; musica: Trevor Rabin; interpreti: Kevin Costner (Ben Randall), Ashton Kutcher (Jake Fischer), Sela Ward (Helen Randall), Melissa Sagemiller (Emily Thomas), Clancy Brown (Capitano William Hadley); produzione: Lia Scott Price Productions Inc, Beacon Pictures, Contrafilm, A School Productions, Firm Films, Touchstone Pictures; distribuzione: Eagle Pictures; origine: U.S.A. 2006; durata: 136’; web info: sito internazionale.
