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The Incite Mill - 7 Day Death Game - Roma 2010 - Extra

Pubblicato il 3 novembre 2010 da Arianna Pagliara


The Incite Mill - 7 Day Death Game - Roma 2010 - Extra

Centododicimila yen all’ora per un lavoro part-time che consiste nell’essere osservati da una telecamera ventiquattro ore su ventiquattro. Sembra un’offerta allettante e, infatti, dieci persone si prestano a lasciarsi rinchiudere, appositamente per essere spiate, in un’asettica architettura tutta metallo e cemento. Ovviamente sono del tutto ignare dei rischi tremendi che stanno per correre.
Guardando l’ultimo thriller di Hideo Nakata, autore del celebrato Ringu - di cui Gore Verbinski ha girato la notissima versione americana – e poi di The ring 2, viene in mente anzitutto il romanzo di Agatha Christie Dieci piccoli indiani, già prestato al cinema prima con la pellicola di René Clair e poi con quella di George Pollock. Le dieci statuette, infatti, anche qui campeggiano sul tavolo della sala da pranzo dove tutti gli ospiti della casa si riuniscono giornalmente, come un’esplicita citazione, o meglio come un omaggio quasi ostentato. Anziché scomparire man mano insieme ai personaggi, esse ora dettano le regole del gioco: sono dei macabri pupazzi di gomma con le sembianze di guerrieri pellerossa che parlano grazie a dei congegni interni, e annunciano vittorie, bonus premi e punizioni cui sono soggetti i concorrenti del cinico e crudele gioco che man mano si sviluppa nello spazio claustrofobico della casa.
L’idea del gruppo di persone rinchiuso in uno spazio limitato, dove il confronto per forza di cose diventa scontro, è alla base di moltissimi reality show che oggi fanno della morbosità estrema con cui ogni cosa viene trattata una garanzia di audience. Hideo Nakata lo sa bene, e chiama in causa in maniera esplicita questi raccapriccianti meccanismi quando svela che ciò accade nella casa si può vedere in diretta anche nei videofonini dei passanti. Strizzando l’occhio alle perversioni della nostra epoca, il regista giapponese mette in scena insomma una sorta di Grande Fratello horror, cartina al tornasole delle nostre contemporanee ossessioni. L’insistenza sull’atto della visione era presente anche in Ringu, dove l’elemento incriminato che innescava i meccanismi narrativi seminando morte era appunto un VHS. Ora questo tema si fonde con il topos narrativo del giallo che prevede la reclusione dei personaggi in uno spazio scenico ristretto: si pensi, per tornare alla letteratura, all’angoscioso Cavie di Chuck Palahniuk, o per restare nel thriller cinematografico contemporaneo a The hole di Nick Hamm, uno fra i tanti esempi possibili. Ma in Inshite Miru - Nanokakan No Desu Gemu lo spazio claustrofobico è anche misterioso e potenzialmente pieno di trappole, come accadeva nell’allucinato e surreale Cube di Vincenzo Natali.
Hideo Nakata mostra di conoscere le regole del genere e di saperle usare bene. L’ambiente, che prende vita attraverso una sapiente scenografia, diviene protagonista, i momenti di suspence non mancano e l’atmosfera è tesa al punto giusto. L’unica traccia di perplessità riguarda la recitazione di alcuni interpreti che, agli occhi di un pubblico occidentale, appare a tratti fumettistica e un po’ sopra le righe.


CAST & CREDITS

(Inshite Miru - Nanokakan No Desu Gemu) Regia: Hideo Nakata; sceneggiatura: Satoshi Suzuki
; fotografia: Junichiro Hayashi; montaggio: Nobuyuki Takahashi; scenografia: Iwao Saito; musica: Kenji Kawai; interpreti: Tatsuya Fujiwara, Haruka Ayase, Satomi Ishihara, Tsuyoshi Abe, Aya Hirayama, Masanori Ishii, Takuro Ohno; produzione: Twins Japan; distribuzione internazionale: NTV (Giappone); origine: Giappone; durata: 107’.


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