The Master

Le acque del mare increspate dal passaggio di una nave si stagliano impetuose sul grande schermo mostrando sin da subito il fascino e la bellezza della fotografia in settanta millimetri realizzata da Mihai Malaimare Junior. Alcuni istanti di silenzio e poi le note, incalzanti e pacate allo stesso tempo, composte da Jonny Greenwood danno il via al viaggio dell’irrequieto Freddie Quell, un superbo Joaquin Phoenix, attraverso gli Stati Uniti dei primissimi anni ’50. La macchina da presa lo pedina in silenzio per quasi venticinque minuti e bissando la struttura dell’incipit de Il Petroliere, dove in tredici minuti Anderson ci aveva introdotto la vita e la psicologia di Daniel Plainview, qui ci presenta un personaggio privo di identità. Identità smarrita durante gli anni in cui ha combattuto come soldato al servizio della propria patria e che disperatamente cerca di nascondere a se stesso (e di conseguenza a noi spettatori) distillando intrugli alcolici con i quali si stordisce fino a perdere conoscenza. Una notte, in fuga da uno dei mille pasticci in cui riesce abilmente ad infilarsi, incontra una nave da crociera che sta per salpare (il piano sequenza che suggella l’incontro è da brividi), vi sale e senza rendersene conto la sua vita comincia a cambiare. Qui farà la conoscenza di Lancaster Dodd (leggasi anche L. Ron Hubbard, ideatore e fondatore di Scientology), "maestro" che cercherà di riportarlo sulla retta via, insegnandogli i dogmi di un movimento religioso inventato da lui.
Chi cerca in The Master un film su Scientology, sul suo fondatore e sui fondamenti della sua dottrina resterà alquanto deluso. Il sesto lungometraggio del talentuoso quarantaduenne regista californiano è anche un film sulla nascita delle sette religiose negli USA dei primi anni ’50, ma principalmente è il continuo di un viaggio attraverso gli Stati Uniti d’America, compiuto analizzando persone e personaggi. Un viaggio attraverso le ossessioni, il dolore e l’incapacità di non sentirsi soli che Paul Thomas Anderson aveva iniziato già nel 1997 con Boogie Nights. Freddie e Lancaster sono il risvolto della stessa medaglia, sono l’uno il prolungamento dell’altro. Il maestro che non potrebbe esistere senza il proprio discepolo e viceversa. Freddie è i nostri occhi. Ci mostra tutto in maniera scettica e malata ma allo stesso tempo è incapace di dissociarsi da ciò che ritiene sbagliato e allo stesso tempo necessario. La setta di cui entra a far parte si nutre del dolore e della disperazione delle persone, lui lo sa, se ne rende conto, ma anche lui è solo e disperato. Lancaster Dodd da parte sua sa di avere bisogno di un personaggio come Quell per esistere e riuscire a far sopravvivere la propria "religione". Lo scettico che deve essere convinto e redento fino in fondo, colui che da solo può dar senso all’esistenza di tutto ciò che ha messo in piedi. Anderson ci presenta quasi una storia d’amore tra i due, che in molti però potrebbero interpretare come una relazione padre/figlio tanto cara al regista di Magnolia. The Master non è altro che un compendio di tutto il suo cinema raccontato attraverso una fotografia folgorante, movimenti di macchina eccezionali e soprattutto due immense prove attoriali messe in risalto da dialoghi e duetti davvero memorabili.
Probabilmente sarà facile rimanere delusi da questo film senza andare oltre le aspettative di un tema che in realtà viene usato solo come pretesto e non come cardine centrale, ma chiunque ami il cinema difficilmente potrà non amare The Master, perchè The Master è cinema con la C maiuscola.
(id.); Regia e sceneggiatura: Paul Thoma Anderson; fotografia: Mihai Malaimare Jr.; montaggio: Leslie Jones e Peter McNulty; musiche:Jonny Greenwood; interpreti: Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern; produzione: Ghoulardi Film Company, Annapurna Pictures; distribuzione: Lucky Red; origine: USA 2012; durata: 137’.
