Tratto dalla biografia di Gerald Clarke Capote, il film racconta, fin dal titolo italiano (il titolo in inglese è solo “Capote”), la genesi e la lunga ed estenuante stesura di In Cold Blood, testo letterario fondamentale della produzione americana degli anni sessanta.
La vicenda inizia nell’autunno del 1959 con la scoperta della strage della famiglia Clutter e la lettura della notizia relativa sul New York Time che incuriosisce lo stesso Truman Capote (Philip Seymour Hoffman) e lo spinge a recarsi in Kansas come inviato della rivista The New Yorker per redigere un articolo che in breve tempo diventerà A Sangue Freddo. Coadiuvato dall’amica scrittrice Harper Lee (Catherine Keener) che lo accompagnerà in un primo momento per compiere le indagini sul posto, Truman svolgerà un attento lavoro di indagine e di intervista che durerà sei anni e lo condurrà a scrivere quel romanzo-reportage che fu un unicum letterario ed ultimo libro compiuto dell’autore.
Elemento interessante di quest’opera biografica è che si concentra esclusivamente sul concepimento letterario del libro e non sull’intera vita dell’autore. Lo stile del regista, Bennet Miller, è quasi impercettibile: non sono presenti infatti degli elementi distintivi dello stesso, ma si tende ad una pura immersione filmica interrotta da brevi momenti di stasi narrativa, quasi per creare nello spettatore una riflessione sul flusso degli eventi. Cosa però negativa è la trasformazione nell’ultima parte del film da racconto-verità, espresso in uno stile asettico (come del resto era il libro), a dramma, dando una percezione emotiva eccessiva e francamente fuori luogo in completo contrasto con il resto del film.
Un’attenzione particolare si deve dedicare alla recitazione. Al ruolo interpretato da Philip Seymour Hoffman, che gli è valso un Golden Globe come migliore attore drammatico e lo ha reso il futuro papabile all’Oscar come migliore attore, va espressa una critica negativa. Infatti, l’attore protagonista effettua un’operazione di imitazione piuttosto che di interpretazione troppo legata alle caricature fisionomiche e troppo poco a quelle interpretative. Questo dispiace molto considerando la caratura dell’attore tanto caro a P.T.Anderson.
Differente è la considerazione per gli attori non protagonisti, da ritenersi eccellenti. Su tutti la bravissima Catherine Keener e l’altrettanto bravo Chris Cooper.
Un’ultima riflessione va dedicata al rapporto tra narrazione e realtà. Tanti sono gli elementi assolutamente veritieri che fanno riferimento al personaggio Truman Capote, come la piena consapevolezza dell’opera che lo scrittore stava realizzando: non solo un’opera meravigliosa, ma un qualcosa di assolutamente innovativo e totalmente anti-tradizionale. Altrettanto veritiero è l’atteggiamento autocelebrativo che Truman aveva di se stesso come pure lo stretto rapporto con la scrittrice Harper Lee (amica di infanzia) e lo scrittore Jack Dunphy (compagno nella vita). A loro è infatti dedicato con affetto e gratitudine A Sangue Freddo.

(Capote) Regia: Bennet Miller; soggetto: tratto dal romanzo biografico Capote di Gerald Clarke; sceneggiatura: Dan Futterman; fotografia: Adam Kimmel; montaggio: Christopher Tellefsen; musica: Michael Danna; scenografia: Jess Gonchor; costumi: Kasia Walicka-Maimone; interpreti: Philip Seymour Hoffman (Truman Capote); Catherine Keener (Nelle Harper Lee); Clifton Collins Jr. (Perry Smith); Bruce Greenwood (Jack Dunphy); Bob Balaban (William Shawn); Mark Pellegrino (Dick Hickock); Chris Cooper (Alvin Dewey); produzione: XXX; distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; origine: USA 2005; durata: 113’; web info: sito ufficiale