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TUTTO UN INVERNO SENZA NEVE

Pubblicato il 21 settembre 2004 da Marino Galdiero


TUTTO UN INVERNO SENZA NEVE

Cosa cambia in una coppia se per un assurdo incidente - il fienile della loro casa sulle alpi svizzere va a fuoco per un incendio causato da un corto circuito nell’impianto elettrico - la loro piccola di cinque anni muore? Quali meccanismi si mettono in moto? Di chi è la colpa? Perché inevitabilmente si cerca sempre un colpevole fuori di noi, uno a cui addosare l’angoscia di una simile tragedia, un nome per dare senso alla casualità della vita. Sembra essere partito da queste domande Greg Zglinski, autore svizzero ma di origine polacca. Sino all’età di 10 anni è vissuto in Polonia, poi con tutta la famiglia si è traferito nella Svizzera tedesca. In seguito è tornato nel suo paese natale per frequentare la scuola di cinema di Lodz, dove ha avuto come insegnante, al terzo anno di corso, Krzysztof Kieslowski. Il nodo drammatico della vicenda è tutto nella tragedia che precipita addosso a Jean e Laure e al loro modo per uscirne fuori, a quella che viene chiamato l’elaborazione del lutto. Laure oscilla tra rifiuto e crisi di pianto. Jean invece esita tra senso di colpa e voglia di dimenticare. La loro vita da quell’evento si è raffreddata, è priva del necessario calore, è un inverno da passare “senza fuoco”. E come il bianco paesaggio invernale in cui è ambientato l’intero film, con tutte le indistinte sfumature di senso che un colore del genere può dare, e magari mettendo in risalto le figure umane nella loro fragilità. I due si allontanano. Laure prima finisce in una clinica, e poi va ad abitare dalla sorella che la sostiene nell’indirizzare le responsabilità dell’accaduto sul marito (avrebbe dovuto controllare l’impianto elettrico). Jean si ammazza di fatica e, lasciata la fattoria, va a lavorare in una fonderia. Sente, più o meno inconsapevolmente di dover espiare una pena, e gli altoforni diventano il suo purgatorio, quindi anche il luogo della sua redenzione. Tramite di questo passaggio la comunità di profughi kosovari, e in particolare una donna, Labinota, a cui è rimasta, nonostante la perdita del marito durante l’offensiva serba, una forza preziosa per continuare a vivere. Per Jean l’incontro con Labinota si traduce anche in un conflitto, sta bene con lei, al tempo stesso ama sua moglie con la quale però non riesce più a vivere. Cosa scegliere? Chi scegliere? Come trovare la giusta strada tra le sue emozioni e la sua morale? Zglinski risente della sua formazione, dell’importanza centrale, data nella cultura polocca, alle questioni esistenziali. Un’influenza con un risvolto formale nella costruzione delle inquadrature, di una grande precisione emotiva, come se si volesse cogliere l’interiorità dei personaggi e delle situazioni. Come diceva Kieslowski, non è importante dove metti la cinepresa, quel che conta è perché la metti proprio lì.

[settembre 2004]

regia: Greg Zglinski sceneggiatura: Pierre-Pascal Rossi fotografia: Witold Plociennik montaggio: Urszula Lesiak musica: Jacek Grudzien, Mariusz Ziemba interpreti : Aurélien Recoing, Marie Matheron, Gabriela Muskala,Blerim Gjoci produzione: CAB Productions, Mars Entertainment origine: Francia 2004 durata: 91’

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