Un bacio romantico - My Blueberry Nights

Può una storia banale trasformarsi in un caleidoscopio di colori e sensazioni evitando il rischio di cadere in un mero esercizio di stile? Se il regista è Wong Kar-wai parrebbe proprio di sì.
Smessi i panni di Presidente di giuria e chiamato ad aprire l’ultima edizione del festival di Cannes, porta in concorso My Blueberry Nights che, diciamo subito a scanso di equivoci, ha fatto storcere parecchio il naso anche a molti tra i sostenitori del regista di Chungking Express, In the mood for love e 2046 solo per citare alcuni dei titoli più noti oltre che meglio riusciti. Effettivamente faremmo un torto innanzitutto a lui se non dicessimo che questa sua ultima fatica appare leggermente distanziata per qualità, valore e densità dai suoi lavori più alti. Non concordiamo, però, con chi ha liquidato il film come uno scherzo venuto non troppo bene. Difetti ce ne sono e probabilmente si insiste troppo su di una storia che poco o nulla concede ad una qualche salvifica originalità, le evoluzioni dei personaggi e delle loro vite sono abbastanza scontate, tanto che dopo pochi minuti non è complesso indovinare l’epilogo che, puntuale, si materializza nel finale.
Chiarito questo, c’è da considerare, però, che dietro la macchina da presa si avverte subito la presenza non di un mestierante qualsiasi, ma di un regista in grado di gestire in modo straordinario ogni potenzialità che gli si presenta. E se ad alcuni può essere sembrato eccessivo quel gioco cromatico e ritmico, quel continuo dialogare tra piani e dimensioni diverse, innalzando il reale verso il sogno e, viceversa, contagiando proprio il reale con l’onirico, non corre il rischio di rimanere deluso chi dallo stile e dall’universo percettivo, entrambi assolutamente inconfondibili, di Wong Kar-wai resta catturato.
Il tempo, anche in questo caso un fattore essenziale della poetica dell’autore, diviene lamiera contorta che gira su stessa, sfuggendo alle regole della linearità, tra un presente che improvvisamente accelera per poi tornare sui propri passi e riproporci in modo sempre diverso la stessa medesima scena. La spirale cronologica, che di Wong Kar-wai è, dunque, in tutto e per tutto vera cifra stilistica, regala fascino, oltre che diverse chiavi interpretative, ad una pellicola sicuramente più accessibile delle precedenti ma non per questo meritevole di snobismo.
Storie d’amore, del resto, nel cinema contemporaneo sembrano rigenerarsi senza soluzione di contuinità. Ugualmente abusato è il tema del viaggio come nuova occasione, come pausa per riconsiderare la propria vita e come mezzo di crescita e di esplorazione. E pensiamo si possa dire che se la regia fosse firmata da qualcun’altro, probabilmente, ci troveremmo a commentare, e con toni assai diversi, un altro tipo di film.
Wong Kar-wai riesce, però, a farsi dare il massimo da ogni suo interprete, e certo Jude Law, David Strathairn, Rachel Weisz e Natalie Portman non sono nomi qualsiasi, garantendo ai suoi personaggi un’omogeneità ed, al contempo, una complessità che solo lui è in grado di gestire ed ingabbiare all’interno delle sue pittoriche inquadrature. Persino Nora Jones (per lei, alla prima esperienza cinematografica, è giusto fare un discorso a parte) sembra abbandonarsi completamente risultando credibile ed abbastanza, si poteva fare di più, convincente.
Concordiamo, quindi, con chi non può dirsi entusiasta ma, forse perchè gli occhi sono ancora memori di miriadi di sciocche, ripetitive e, soprattutto, lacrimevoli escursioni sentimentali, il nostro personale applauso al maestro lo rivolgiamo ugualmente.
(My Blueberry Nights); Regia, soggetto e sceneggiatura: Wong Kar-wai; fotografia: Darius Khondji; montaggio: William Chan Suk Ping; interpreti: Jude Law (Jeremy), David Strathairn (Arnie), Nora Jones (Elizabeth), Rachel Weisz (Sue Lynne); produzione: Jet Tone Film Ltd.; distribuzione: Studio Canal; origine: Francia, Hong Kong; durata: 111’
