Un gioco da ragazze

Non è affatto un gioco da ragazzi trovarsi davanti ad una pellicola che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto rappresentare un’idea di cinema giovane, e non giovanilistico. Non è un gioco da ragazzi dover commentare l’esordio alla regia di un promettente autore, Matteo Rovere, brillante realizzatore di cortometraggi, in un paese che concede sempre meno chance alle nuove leve. Non un gioco da ragazzi astrarsi dal contesto di polemiche, controversie, discussioni che hanno accompagnato la presentazione di Un gioco da ragazze. Eppure, anzi forse proprio per questo, non ci si può tirare indietro.
Partiamo proprio dall’idea, decisamente inconsueta per il mercato italiano, di rappresentare l’universo adolescenziale dall’interno. Un mondo popolato solo da ragazzi, topos di tutti i teen drama americani, in cui gli adulti appaiono come figure sfocate sullo sfondo in quella che dovrebbe essere una semplice riproduzione della realtà, senza enfatizzazioni morali o moraliste. Un mondo di adolescenti soli, che si confrontano fra loro, nel migliore dei casi, nel peggiore, solo con se stessi. Una visione cinica, come spesso è quella del teen drama, che non risparmia sofferenze, tristezze, delusioni e tradimenti ai suoi giovani protagonisti. Racconti senza catarsi, giustamente privati di banali happy end, destinati a ripercorrere all’infinito il triste destino dei loro protagonisti. Come Prometeo, come Sisifo.
Una scelta coraggiosa quella di realizzare un film nelle intenzioni così insolito. Ancor più coraggiosa, forse, quella di affidarlo ad un esordiente poco più che adolescente e ad un cast di giovani debuttanti. Una scelta da apprezzare ma che non deve, per serietà, far tacere sulle pecche che questa pellicola manifesta. Piccoli o grandi problemi di scrittura in una sceneggiatura, quella di Teresa Ciabatti, Andrea Cotti, Sandrone Dazieri, Matteo Rovere, che pur potendo contare sull’apporto di un’esperta in materia di giovani e di un apprezzato autore di noir, appare carente nei dialoghi e lacunosa nella struttura narrativa. Decisioni che rischiano di far cadere in secondo piano le belle intuizioni di partenza gravandole con situazioni al limite dell’incredibile e momenti di involontaria ironia. Circostanze queste assai difficili da gestire per un regista promettente che però, a confronto con le asprezze di un lungometraggio, sembra disorientato, perso fra inquadrature eccessivamente autoriali e una direzione degli attori sempre troppo sopra le righe. Anche in questo caso, la scelta coraggiosa di affidare tutti i ruoli principali ad attrici esordienti che, nell’idea originale avrebbero dovuto rappresentare la ragazza comune, priva dell’aura tipica delle attrici affermate, a prodotto finito, pare rappresentare un punto debole della pellicola, anche dal punto di vista del realismo. Il tono di voce sempre altissimo, anche quando immotivato, e una recitazione frenetica (che vorrebbe strizzare l’occhio al cinema di Muccino) sono elementi che poco hanno a che vedere con il realismo e che semmai, nel loro enfatizzare caratteri e debolezze delle protagoniste,sembrano un tentativo di dare alla pellicola una chiave di lettura etica sul mondo dei teen-ager.
Giovani, giovani, giovani, dunque. Regia, interpreti, sceneggiatori e musiche, quelle di Andrea Farri, un mix di archi melodici e musica dance, che strizzando l’occhio alla colonna sonora di Requiem for a dream di Clint Mansell eseguita dai Kronos quartet, accompagnano l’andamento altalenate della pellicola che vive di contrasti fra le agiate abitazioni dei quartieri alti e le atmosfere al neon delle discoteche.
Questa analisi non vuole essere una critica verso chi, una volta tanto, ha avuto il coraggio di affidare un progetto ad un giovane autore, ne una condanna verso chi ha lavorato per la realizzazione di questo film. Anzi. E’ proprio con lo spirito critico, confrontandosi anche con le reazioni negative, che il nostro cinema, i nostri giovani, possono crescere e abbandonare il nostro trito . Ben vengano dunque le maestranze, gli attori, i registi di un nuovo corso. Noi saremo qui, ad aspettarli e, speriamo, ad elogiarli. Quello si sarebbe un gioco da ragazzi.
Giampiero Francesca
(id.); Regia: Matteo Rovere Sceneggiatura: Philippe Muyl, Teresa Ciabatti, Andrea Cotti, Sandrone Dazieri; fotografia: Arnaldo Catinari; montaggio: Claudio Di Mauro; musica: Andrea Farri; interpreti: Filippo Nigro , Chiara Chiti, Chiara Paoli, Eleonora Ceci, Nadir Caselli, Valentina Carnelutti ; produzione: Rai Cinema e Colorado Film; distribuzione: 01 distribution ;origine: Italia, 2008; durata: 95’
