UN GIORNO DELLA VITA

Un giorno della vita, film semplice nel bene e nel male. Piccolo in senso positivo e negativo. Apprezzabile per la sobrietà, per la sincerità, per la delicatezza e per l’amore con cui è venuto su. Per la linearità a tratti gustosa, per le sentite partecipazioni degli attori non famosi, e per quelle dei più noti Alessandro Haber, Ernesto Mahieux e Maria Grazia Cucinotta. Bravi tutti e tre a concedersi, concentrati e appassionati, al film di un esordiente non ragazzino, Giuseppe Papasso, classe 1960, con un robusto passato di documentarista alle spalle. Ma film non irrestibile, il suo, nella solidità, nelle intuizioni e nella precisione che portano all’emozione, nella capacità di andare a fondo nelle tematiche affrontate, in uno sguardo registico che possa far sentire un’autorialità da annotare e tenere in considerazione.
Film misuratamente favolistico, Un giorno della vita, che torna su un tema attualissimo nel nostro cinema contemporaneo, quello della famiglia. Opera gentile e un pò insicura, ambientata in un contesto spazio-temporale marcato e conosciuto: Il Sud Italia ricco di sole, tradizioni e natura, da un lato, e gli anni ’60, di Guerra fredda, spezzoni di vecchie e intramontabili pellicole, e di canzoni dell’epoca, dall’altro.
Ingredienti, questi, che condiscono certi film nostrani rendendoli gustosi al pubblico, ed offrendogli vacanzine esotiche di un paio d’ore scarse, dove i colori sono più caldi di quelli attuali, più plastici e profondi. Alimenti che saziano ancora una volta la voglia di nostalgia di cui è preda, ormai da un decennio, il cinema italiano. In due modi: da una parte ancora non cessano gli effetti da Meglio Gioventù, e dall’altra si moltiplicano, dai tempi di Notte prima degli esami, i ritorni agli anni ’80. Anni di politica affascinante, i primi, di costume coinvolgente, di grande cinema e di rottura culturale. Anni dell’infanzia per chi è adulto oggi, i secondi, della memoria ancora viva.
Un giorno della vita sceglie la prima opzione, forse perchè il regista fa parte di una generazione già adulta negli anni ’80. E ci ricorda di quando La dolce Vita di Fellini arrivava nei paesini del Sud, citando, in qualche modo, Divorzio all’italiana di Pietro Germi, all’inizio di un film che di omaggi al cinema è pieno. Non solo in qualche sequenza o spunto, ma nell’intero impianto. Impossibile non pensare, come ha chiarito anche il regista, a opere come I 400 colpi, Nuovo cinema Paradiso e Don Camillo. Insieme ad Io non ho paura di Salvatores, che divide con questo di Papasso, le location. Siamo nel melfese, in quella Lucania rurale e cinegenica che ispirò, più o meno nel periodo in cui è ambientato il film di Papasso, anche l’esordio della regista Lina Wertmüller: I basilischi, del 1963.
"Il mondo raccontato con gli occhi di un bambino" ha definito Maria Grazia Cucinotta questo film. E la storia, infatti, è quella di Salvatore, interpretato dal bravo Matteo Basso, un dodicenne innamorato del cinema, che per costruirsene uno ruba, dalla sede del Pci, i soldi destinati alla trasferta romana organizzata dai compagni per seguire i funerali di Togliatti. Anche qui, per certi versi, c’è un omaggio al cinema italiano, visto che i funerali del grande politico furono già resi cinema da Pasolini in Uccellacci e uccellini e dai Fratelli Taviani ne I sovversivi, e che dell’attentato a Togliatti si parla in Una vita difficile, di Dino Risi, del 1961.
Questo per ribadire come lungo tutto il film di Papasso si senta un amore per il cinema tanto autentico quanto ingenuo, candido e puro ma anche castrante, che non riesce a rielaborare il sentimento e sublimarlo in un prodotto maturo e sorprendente.
Basta un pò di pazienza, tuttavia, vista la lampante buona fede dell’opera, non aspettarsi troppo, e davanti a questo appassionato film ci si può rilassare, (ri)innamorare del paesaggio lucano (che all’improvviso è diventato di moda al cinema, vedi Basilicata coast to coast) e ripassare un pò il come eravamo cinquant’anni fa. C’è assai di peggio in giro per le sale.
Regia: Giuseppe Papasso; Sceneggiatura: Giuseppe Papasso, Mimmo Rafele; Fotografia: Ugo Menegatti; Montaggio: Valentina Romano; Interpreti: Alessandro Haber, Maria Grazia Cucinotta, Ernesto Mahieux, Pascal Zullino Pietro, Matteo Basso; Produzione: Geo Esposito Per GFC Production; Distribuzione: Iris Film
