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UN PO’ PER CASO, UN PO’ PER DESIDERIO

Pubblicato il 16 giugno 2006 da Giampiero Francesca


UN PO' PER CASO, UN PO' PER DESIDERIO

Nel lussuoso quartiere di Avenue Montaigne a Parigi si intrecciano i destini di persone di ogni genere e estrazione. Jean-François, un pianista di successo, è stufo della sua vita e vorrebbe mollare tutto per trasferirsi in riva ad un lago ma la sua moglie/manager non ne vuole sapere. Cathrine, attrice di soap, è stanca dei suoi ruoli marginali e spera, incontrando un regista americano di cambiar vita. Jacques, ricco collezionista d’arte, è pronto, in una sola notte, a disfarsi di tutta la sua collezione in un’asta mentre Jessica, giovane e squattrinata cameriera di un caffé, osserva ammirata la vita agiata degl’abitanti del quartiere...
La Tour Eiffel nella notte parigina, la vita che scorre lenta lungo i boulevard, tutto, sin dalla prima inquadratura, sembra richiamare alla mente i fasti della nouvelle vague, e, una volta tanto, le premesse non vengono deluse. Seguire l’intricarsi e il districarsi dei destini di umili cameriere e celeberrimi concertisti rievoca la logica follia che animava le azioni di Antoine Doinel. Scoprire la leggerezza di tocco nei cambi di tono e situazione richiama alla mente le pellicole di Francois Truffaut e colleghi. Vedere Sydney Pollack, nei familiari panni del regista americano Brian Sobinski, che chiede a Cathrine, sua futura attrice, se avrebbe avuto piacere a lavorare con Truffaut ne palesa l’omaggio. Il destino, che così bene gioca con le vite sulla scena, non si limita a raccontare umanità ma pone l’accento su problematiche molto più ampie. Il rapporto fra arte e “mercato”, rappresentato dallo scontro fra Jean-François e sua moglie, e più in generale la relazione che intercorre fra individui e opera d’arte è un fil rouge che lega tutti i personaggi fra loro. Dalla cameriera del cafè du theatre al collezionista, dall’attrice di soap alla portiera del teatro ognuno interpreta le opere in modo diverso. L’opera diviene, a seconda dell’osservatore, il simbolo di una vita intera, di sogni irrealizzabili, di speranze tradite, di felicità, di altruismo o del più bieco egoismo. L’arte, simboleggiata dal “Bacio” di Brancusi, è in grado di sanare ferite apparentemente incolmabili, rapporti interrotti da tempo ma anche di rappresentare,come nel caso del concerto n.5 di Beethoven suonato da Jean-François in un ospedale, il definito allontanarsi di una coppia orami al capolinea. Tutto e tutti sovrastati dall’ombra di una ricchezza esteriore incapace di risollevare i protagonisti da uno stato di malinconia e tristezza. Fra ricchissimi collezionisti e famose attrici televisive è una piccola cameriera a saper prendere la vita dal verso giusto...
Danièle Thompson, già sceneggiatrice di Oury e Chéreau, dirige una commedia leggera, che scorre con garbo, ma che ha la forza di lasciare allo spettatore il tempo di ridere e riflettere, nel solco della storia del cinema francese, all’ombra di François Truffaut.

(Fauteuils d’orchestre) Regia: Danièle Thompson; sceneggiatura: Danièle Thompson, Chistopher Thompson; fotografia: Jean-Marc Fabre; montaggio: Silvie Landra; musica: Nicola Piovani; interpreti: Cécile de France (Jessica), Valérie Lemercier (Catherine Versen), Albert Dupontel (Jean-François), Laura Morante (Valentine), Claude Brasseur (Jacques Grumberg), Chistopher Thompson (Fredric Grumberg); produzione: Thelma Film, Studio Canal, TF1, Radis films, CANAL+; distribuzione: DNC entertainment; origine: Francia 2006; durata: 106’

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