Una notte
Da una veglia a un funerale, la notte bianca di quattro vecchi amici che si ritrovano dopo tanti anni in occasione della scomparsa del loro quinto compagno, morto in un incidente.
Una notte segna l’esordio alla regia di Toni D’Angelo, figlio del più famoso Nino qui impegnato in veste di attore: è il tassista-caronte che accompagna i quattro protagonisti nel loro viaggio, nelle stazioni di questa discesa nel ventre rutilante di una Napoli sotterranea. Il gruppo attraversa la città deserta senza una meta, tra locali e feste eccessive, tra alcol e droghe, fino all’alba finale.
Già assistente di Abel Ferrara, Toni D’Angelo realizza un piccolo film a basso costo, dai toni foschi, pervaso da una strana malinconia e allo stesso tempo da un’ironia amara. Un film oleoso, carnale, pastoso, che muta la gravità in disincanto. Non c’è tragedia ma un forte senso di malessere, non rinunciatario, non disperato ma anzi accorato e vitale. Ne consegue un tono particolare, che è tale, oltre che per questa peculiare ironia, anche per una certa obliquità: da un registro inizialmente realista passiamo a situazioni e dialoghi parossistici, chiaramente sopra le righe.
Le cose che i personaggi vedono assumono il connotato di visioni, e queste visioni si fanno simboli, non si inanellano in una trama ma allestiscono un ritratto corale, di queste quattro anime e di Napoli, fatto di lampi e ombre improvvise.
Uno stile frammentario, pezzi di discorso che affiorano dalla notte e creano il vero quid di questo viaggio negli inferi, confessioni, guizzi poetici, monologhi lirici, che rubano la scena anche ai personaggi e alle loro relazioni. Delineati in pochi brevi accenni, i loro caratteri sono scarni come fantasmi. I loro corpi sono lontani, laddove le riprese sono angolate e distanti, quasi nascoste, come se li spiassimo, e altre volte invece sono vicini, presenti, quando è la macchina ad andargli incontro e quasi sembra volerne scavare la superficie. Personaggi che restano impalpabili, fuori fuoco.
Se accostata ad un’altra Napoli notturna e sotterranea, quella de L’imbalsamatore di Garrone, ci troviamo di fronte a due paesaggi profondamente diversi, seppure vicini per sensibilità. Se lì la notte è algida e rigorosamente nera, qui è tentacolare e avvolgente, la ‘notte sbracata’ di cui parla un pittoresco poeta a un certo punto del film.
Ma, oltre che di questa Napoli metafisica, Una notte vuole parlare anche dell’attualità di Napoli, o perlomeno proporre un proprio punto di vista sulla Napoli di oggi. Un intento che affiora da certi discorsi e da alcuni piccoli riferimenti al presente della città. Ma tale attualità rimane lontana, confinata al giorno al di là di questo tempo liminare. Resta da ricordare però quel giudizio amareggiato e sconfortante della scena della festa, quando un uomo parla dei topi che si impossessano di Napoli mentre tutt’intorno la gente continua a ballare. Come se ci trovassimo in un Decamerone moderno, come se fuori ci fosse la peste e noi continuassimo a ballare incuranti.
(Una notte) Regia: Toni D’Angelo; soggetto: Toni D’Angelo; sceneggiatura: Toni D’Angelo; Salvatore Sansone; fotografia: Rocco Marra; montaggio: Letizia Caudullo; musica: My Own Parasite; interpreti: Riccardo Zinna (Riccardo); Nino D’Angelo (Raffaele); Luigi Iacuzio (Luigi); Alfonso Postiglione (Alfonso); Stefania Troise (Annamaria); Salvatore Sansone (Salvatore); produzione:Annamaria Gallo; Vincenzo D’Angelo; distribuzione: DI.ELLE.O srl; origine: Italia 2007; durata: 91’; web info: Sito ufficiale