Unknown

“Mi ha subito colpito l’idea di un uomo che improvvisamente si ritrova privato della sua identità”. Esordisce così, in conferenza stampa, Jaume Collet-Serra, regista di Unknown. Il film, tratto da un romanzo francese di Didier van Cawelaert - e interpretato da Diane Kruger e Liam Neeson – verte infatti sulla storia di un biologo che si reca a Berlino con la moglie per un convegno e che, risvegliandosi dopo un incidente in macchina, scopre che nessuno più lo riconosce e un altro uomo ha preso il suo posto.
Per usare un eufemismo, una trama abbastanza frequentata dalla storia del cinema.
Eppure l’ispano-americano Collet-Serra sembra considerarla come una storia delle più innovative, forse dimentico della recentissima Bourne Trilogy, con cui condivide anche la variante dell’ex mercenario che perde la memoria ed infine si redime delle malefatte passate.
Difficile invece credere che nel fare il film il regista non abbia pensato almeno un po’ al bellissimo Frantic di Roman Polanski, di cui Unknown ricalca quasi pedissequamente l’espediente iniziale della valigia e la tematica della città straniera in cui il protagonista si trova intrappolato (che inizialmente doveva addirittura essere Parigi). Per quanto la trama di Frantic non vertesse su un furto di identità, il film di Polanski è chiaramente il punto di riferimento a cui si cerca – malamente – di fare il verso.
Ma d’altronde, è almeno dai tempi di La vita è meravigliosa di Frank Capra che il cinema fa i conti con cosa significhi svegliarsi un bel giorno e scoprire che il nostro posto nel mondo sembra essere svanito nel nulla.
La scarsa originalità spacciata per trovata innovativa non è però l’unica “colpa” imputabile a questo film prevedibile e quasi comico nella sua esasperazione dei clichè hollywoodiani degli inseguimenti distruttivi in macchina e delle scazzottate fra duri. Fin qui niente di nuovo, e basterà andare a rivedersi qualche corpo a corpo del grande John McClane/Bruce Willis in uno dei tanti Die Hard per riconciliarsi con i pilastri portanti di certo cinema americano.
Ciò che invece offende l’intelligenza dello spettatore è la sotto-trama di becera propaganda, per cui lo scopo dei cattivoni è fare fuori un biologo tedesco che ha creato un tipo di mais geneticamente modificato, resistente ai parassiti, destinato a porre fine alla fame nel mondo dato che il brevetto verrà distribuito gratuitamente tra le genti bisognose.
Sembrerebbe lecito indignarsi per questa morale pelosa che ribalta completamente gli assunti di base del capitalismo selvaggio, fondato proprio sulla produzione intensiva ed eccessiva, destinata allo spreco e fatta sulla pelle di coloro che sono impossibilitati a prendere parte ai meccanismi del consumismo. E se gli sceneggiatori non ne fossero a conoscenza, il mais è già quasi tutto transgenico.
Unica nota positiva del film è il sempre bravissimo Bruno Ganz, che interpreta un macchiettistico ma divertente ex agente della Stasi, a cui purtroppo è riservata una fine indegna nel momento in cui deve confrontarsi con i troppo potenti servizi deviati statunitensi. Quanto a cattiveria, gli americani non vogliono essere secondi a nessuno.
(Unknown); Regia: Jaume Collet-Serra ; sceneggiatura: Oliver Butcher, Stephen Cornwell ; fotografia: Flavio Labiano; montaggio: Tim Alverson ; musica: John Ottman, Alexander Rudd ; interpreti: Liam Neeson (Dr. Martin Harris), Diane Kruger (Gina), January Jones (Liz Harry), Bruno Ganz (Ernst Jurgen); produzione: Joel Silver, Leonard Goldberg, Andrew Rona ; distribuzione: Warner Brothers ; origine: Germania, Gran Bretagna, Francia ; durata: 111’.
