Uns Selbst

Roma, Rialtosantambrogio - Plastiche pose per tumultuose interiorità.
Ragnatele di sguardi sempre obliqui, rifratti, dispersi.
E un dramaturg morto da ormai ventisette, lunghi, differenti, anni, ad officiare il tutto...
Uns Selbst, ultimo spettacolo della compagnia gramigna_ct, presentato al Rialtosantambrogio di Roma dal 23 al 27 aprile scorso, è un incandescente crocicchio di estetiche, arti e visioni provenienti dalle più disparate sorgenti: su tutte, Rainer Werner Fassbinder.
Il vulcanico artista tedesco è il punto di partenza della complessa architettura teatrale innalzata dal collettivo romano, che trova nel Katzelmacher (1969) fassbinderiano la sua pietra angolare. Opera sotto il segno di un grave rigore visivo ed etico, tanto da divenire quasi tangibile astrazione, il film come lo spettacolo di gramigna_ct si addentra nelle piccole vite di un gruppo di giovani –due ragazzi e due ragazze- della provincia bavarese, la cui esistenza è un continuo oscillare tra una noia che, letteralmente, immobilizza, ed inutili sprazzi emozionali figli dell’alcol, del sesso, dell’ipocrisia. Questo auto-costituitesi mondo viene ben presto spazzato via dall’entrata in scena di un elemento estraneo all’insieme di partenza: un semplice, innocuo, straniero. La caduta –o risalita- sarà poi breve...
Dal teaser sbirciato al settimo appuntamento di Uovo critico allo spettacolo definitivo ben poco è cambiato: la forte impression in noi suscitata nella serata del Kataklisma Teatro viene, se è possibile, ampliata e deformata dalle maggiori dimensioni sceniche che lo spettacolo possiede in uno spazio più ampio come è quello del Rialtosantambrogio –che sembra conferire una fortissima cinematograficità al tutto, in un formato che possiamo nitidamente immaginare sia il cinemascope. Facendo della superficiale teoresi si potrebbe asserire che avviene un ribaltamento più o meno cosciente tra lo sguardo quasi teatrale del Fassbinder di Katzelmacher e lo sguardo cinematografico del regista di gramigna_ct Riccardo Frezza-, e dalla compattezza che adesso ancor di più traspare a livello scritturale –aggiungiamo che l’assenza di Frezza in scena, ora tornato in cabina di regia, dona seppur in modo quasi impercettibile, e conformemente a quanto da lui affermato, un’altra aura allo spettacolo.
La multisensorialità di questo lavoro, e la <<regia diffusa>> di Frezza, collidono contro una costruzione scenica ed attoriale che appare perfettamente simmetrica: dalla lunga panca posta in fondo alla scena, passando per i due microfoni e il letto/parallelepipedo al neon, tutto appare perfettamente calibrato e speculare in un continuo gioco di vuoti e pieni, luci ed ombre; lo stesso avviene a livello attoriale, con un sincronico avvicendarsi dei diversi attori ai microfoni o sulla panca o alla danza, andando a formare dei precisi tableaux vivants che si riverberano anche nella sfera musical-emozionale -che sembra, come suggerito da Lorenzo Donati sempre ad Uovo critico, la dimensione più pura di quelle mostrateci in Uns Selbst.
Fortemente ancorati al dialogo intessuto sempre nella serata di Uovo critico, non possiamo che porre l’accento sul concetto di “enclave”, che, al pari del rapporto con Fassbinder, e dell’unità diffusa postulata per poter rendere al meglio la multisensorialità di Uns Selbst, sembra rappresentare tout court l’essenza stessa dello spettacolo.
Qui l’enclave è legata a doppio filo con il concetto di “provincia”, concetto che va oltre la visione forse troppo semplicistica assunta da Frezza nell’analisi della poco lontana Baviera, luogo in cui è ambientato il film di Fassbinder. Ben lungi dall’essere una poussiniana et in arcadia ego, l’enclave-provincia, allora come adesso, si trova al centro di complesse riflessioni e dinamiche di stampo sociale, economico, politico: su tutti basti ricordare la Baviera del ’69, centro propulsivo della ripresa economica tedesca, i cui giovani sono, al contrario di quanto potrebbe apparire in un primo momento, fortemente radicati all’interno di ogni discorso, come scritto sopra, sociale-economico-politico. E proprio perché l’enclave-provincia di cui sopra è così tanto permeabile a pensieri e a moti così attuali e globali, che il netto rifiuto, la caterva di nere pulsioni, che si scatenano all’apparire dell’altro sono così turpi, vili, inconfessabili. E l’iniziale equivalenza/significato di uns selbst/noi stessi attanaglia ancora di più proprio alla luce –o alla tenebra- di questo...
La scelta di far interpretare lo straniero ad uno degli stessi ragazzi imprime un’ulteriore epigrafe a tutto ciò, rendendo ancora più fuorviante la nostra, e la loro, comprensione di quello che accade.
E non sembra essere un caso che lo spettacolo si concluda con tutti gli attori in fila intenti a rivolgersi sguardi ed inviti che nessuno afferrerà mai.
In scena: Simona Pietrosanti, Marco Sabatino, Manuela Giovagnetti, Francesco Maiorca Fuori scena: Riccardo Frezza, Marco Fumarola, Simone Faloppa Web Info: Rialtosantambrogio, gramigna_ct, Uovo critico, Kataklisma Teatro, Rainer Werner Fassbinder
