Uovo critico - gramigna_ct e Lorenzo Donati

Roma, Kataklisma Teatro - Un continuo collidere tra la decadenza interiore di una Baviera di ieri e la nostra ombra interiore più nascosta è questo settimo appuntamento di Uovo Critico, serie di incontri tra critici e “nuova scena performativa” promossi dal gruppo romano Kataklisma. Ed è proprio nella sede della compagnia di casa, il raccolto Kataklisma Teatro, che il collettivo teatrale gramigna_ct ha presentato un teaser ragionato dello spettacolo Uns Selbst –spettacolo da noi visto al suo debutto al Rialtosantambrogio di Roma.
Di fronte, e accanto e attorno a Riccardo Frezza –regista della compagnia- e agli attori di gramigna_ct -Simona Pietrosanti, Marco Sabatino, Manuela Giovagnetti, Francesco Maiorca-, c’erano il critico della serata, Lorenzo Donati –redattore e co-fondatore di «Altre Velocità» , “guida” della non-scuola del Teatro delle Albe-, e, naturalmente, il singolare pubblico che ogni sera attraversa questo particolare evento che è Uovo critico .
Chiarisce già ad una prima occhiata, ad un primo ascolto, il suo sostrato estetico-ideologico quest’ultimo lavoro di gramigna_ct: Katzelmacher di Rainer Werner Fassbinder, secondo lungometraggio del regista tedesco, incastonato tra quell’incandescente biennio che fu il 1969/1971.
Se il film di Fassbinder era una complessa operazione estetica/politico-sociale, lo spettacolo di Frezza diviene profondo moto interiore che va a dispiegare resistenze, lacerazioni, di una grande fetta della nostra società.
Due ragazze, due ragazzi. Quattro protagonisti. La “provincia” a far da sfondo materico e mentale. E in questa “enclave” apparentemente apollinea ecco manifestarsi l’elemento di scompenso: un immigrato, uno straniero, semplicemente un “altro”. E da questo lineare modello attanziale ha origine una lenta discesa verso un turbinio di passioni, gelosie, invidie, rancori. Ma né la danza rotta delle sterili ragazze-figure presenti in scena, né il torbido e simmetrico intrecciarsi di voluttà fisiche e psicologiche tra i quattro/cinque protagonisti dello spettacolo possono raggiungere, o tantomeno superare, l’orrore infinito che in noi si scatena quando la rossa, tragica, iscrizione uns selbst viene fatta ruotare per svelarci il suo significato: noi stessi –iscrizione che sembra divenire, tragicomicamente, un’immobile epigrafe...
Il Fassbinder di partenza viene quasi subito superato da una <<polifonica rappresentazione>> -per usare l’espressione di Donati- che si situa forse in massima parte nella sfera musicale: ed è proprio in questo non-luogo ideale che lo stesso Donati traccia il punto di arrivo di ogni personaggio-performer, quasi che il loro <<essere quotidiano>> avesse un corrispettivo <<essere musicale>>.
Centrale diviene, dunque, in una sfera prettamente teoretica, la presenza dell’artista tedesco.
Fassbinder e la genesi di Uns Selbst: ai microfoni di Podoff, Frezza dice chiaramente che l’autore di Katzelmacher è stato quasi un dramaturg per loro –e l’accento viene posto alla sua particolarità di artista defunto.
Fassbinder e l’estetica: l’atmosfera in cui sono immersi e che alimentano i protagonisti parte da cifre fassbinderiane per approdare a sprazzi tarantiniani illuminanti.
Fassbinder e la ricerca: quanto aiuta l’opera artistica, e la vita stessa del regista tedesco, a schiudere le pulsioni della società presente attorno a noi? Non diviene pericoloso, “vischioso” dichiara Valentina Valentini -autorevole e costante presenza ad ogni appuntamento di Uovo critico, avere come fonte di partenza un autore forte e posizionato così indietro nel tempo come Fassbinder?
Le pressanti domande di cui sopra non fanno altro che restituirci la virtuosa complessità del lavoro di gramigna_ct. Le interessanti, icastiche, parole di Frezza -<<Il teatro non ti permette di essere scisso>>- trovano un loro corrispettivo nella grande coerenza scenica e scritturale operata in questo lavoro, in una rappresentazione assolutamente irriducibile ad una sola sfera sensoriale/estetica: la musica sembra guidare una realtà differente rispetto a quella mostrataci dalle parole e dai corpi, in un continuo gioco di specchi che ci restituisce, sorprendentemente, un’unità diffusa –e anche questo va ad incasellarsi con quanto dichiarato ancora da Frezza, e cioè l’utilizzo di una <<regia diffusa>> che porta ad una grande varietà di espressioni: registiche, attoriali, performative, drammaturgiche, sonore, sceniche.
La complessità di tale lavoro emerge con chiarezza dalle parole dello stesso regista, che in merito al suo posizionamento in scena affermava: <<Volevo vedere sulla faccia della gente la macchina>>. Macchina che arriva a trasmettere quel senso di enclave tanto inseguito da Frezza stesso, enclave che qui diviene spettacolo, comunità.
Comunità che è la Baviera del Katzelmacher originale, ma che diviene anche il piccolo non-spazio indefinito in cui tentano di muoversi i protagonisti di Uns Selbst; comunità che è quell’enclave affamata di arte e di rottura come è il teatro, che si è riunita in quel luogo proprio grazie al lavoro di gramigna_ct; comunità che diviene anche spettacolo, e di cui noi spettatori facciamo inscindibilmente parte –e il tutto assume dei vertici tragici se si torna con la mente al significato di Uns Selbst, cioè noi stessi...
E i presenti di Uovo critico, critici, artisti, pubblico, senza distinzione di sorta, si sono interrogati a lungo riguardo questo affondare profondamente nelle vischiose, queste si, pieghe della poco-nostra realtà odierna.
Senza avere risposta alcuna.
Web Info: Uovo Critico, Kataklisma, Podoff, gramigna_ct, Altre Velocità, Rainer Werner Fassbinder, Teatro delle Albe, Rialtosantambrogio
