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Venezia 64 - Mal Nascida - Orizzonti

Pubblicato il 5 settembre 2007 da Alessia Spagnoli


Venezia 64 - Mal Nascida - Orizzonti

Viaggio al principio (e alla fine) della disperazione. Come recita appropriatamente il sottotitolo italiano – caso più unico che raro – qui si parla di una delle tante esistenze che si direbbero proprio segnate da una cattiva stella, da un destino avverso fin da principio, che non sempre e non a tutti è dato ribaltare con le sole proprie forze, specie se queste si rivelano ben limitate.
La giovane Lucia, protagonista da film davvero bizzarra, è una delle tante creature dilaniate dal di dentro da una sofferenza atroce che abbiamo visto riempire le pellicole di questa edizione della Mostra e che attraversa il film con tutto il suo cumulo di rabbia, brutta, sporca e cattiva, senza riuscire ad intenerire veramente, nonostante il male che le è capitato nell’arco della sua ancor breve esistenza. La famiglia protagonista di Mal Nascida sembra fatta di cavernicoli: persone che condividono unicamente lo stesso tetto e, ci viene comunicato, lo stesso sangue (altrimenti sarebbe risultato incredibile crederlo!) e che non distinguono i vincoli familiari, incesti ripetuti, abusi protratti nel tempo, complotti, matricidi. Non c’è spazio, neppure un attimo, per il sorriso, in quest’antro che si direbbe dimenticato da Dio e dagli uomini. E suscita un disagio che accompagna durante tutta la proiezione il non potersi identificare con nessuno dei personaggi sulla scena, non percepire umanità in essi, non riconoscerli neppure come esseri umani.
Il nucleo centrale della vicenda è l’ennesima variazione sul tema dell’Amleto intrecciato, stavolta, all’Orestea. Vale a dire della tragedia più "classica" che si possa immaginare. Lucia intende compiere la sua terribile vendetta nei confronti della madre, rea di aver dimenticato in brevissimo tempo il marito e averne tradito la memoria, “accoppiandosi” col cugino di lui, autore dell’omicidio del genitore della ragazza. Per far questo, attende il ritorno del fratello lontano.
Provoca un malessere senza requie l’assistere alle infinite esplosioni di odio e disgusto che non conoscono soste (neppure al cospetto della salma del fratello o del figlio!) che ciascuno di questi congiunti nutre nei confronti dell’altro. Gela il sangue, soprattutto, assistere al disgusto che lega reciprocamente madre e figlia, i due caratteri evidentemente più tragici dell’intera vicenda. Le numerose scena ambientate a tavola, si rivelano invariabilmente un susseguirsi di discussioni virulente, in cui ciascuno sputa addosso all’altro tutto il veleno che ha in corpo, mentre i dialoghi si caratterizzano per una crudeltà inaudita. E’ come per le note che fuoriescono dalla fisarmonica di Jusmino, che accompagna con la sua tristezza, gli eventi della pellicola: suoni inaspettatamente tristi prodotti da uno strumento che si direbbe nato solo per accompagnare la gioia della danza e del canto. Ma qui, in questo film, di gioia non v’è neppure un barlume.
Quello che si direbbe compiacimento, quasi, da parte del regista João Canijo, lo aiuta nella resa di una crudeltà palpabile, fassbinderiana, che produce sconvolgimento e materiale per continuare a turbare in profondità l’animo degli spettatori anche al termine della visione. Eppure, per dirla tutta, ciò pare più un effetto del materiale bollente già presente in sceneggiatura, che non merito esclusivo della regia.


CAST & CREDITS

(Mal Nascida) Regia: João Canijo; sceneggiatura: João Canijo, Celine Pouillon, Mayanna von Ledebur; fotografia: Mário Castanheira; montaggio: João Braz; musiche: Gabriel Gomes; scenografia: Zé Pedro Penha Lope; interpreti: Anabela Moreira, Márcia Breia, Fernando Luís, Gonçalo Waddington, Tiago Rodrigues; produzione: Clap Films; distribuzione internazionale: Madfilmes; origine: Portogallo, 2007; durata: 117’


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