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Venezia 76 - Life As a B-Movie: Piero Vivarelli

Pubblicato il 6 settembre 2019 da Alessandro Izzi

VOTO:

Venezia 76 - Life As a B-Movie: Piero Vivarelli

Un regista di genere, in Italia, di solito faceva il suo mestiere e un poco se ne vergognava.
Dove poteva, firmava con nomi di fantasia (che spesso nascevano anche da bisogni produttivi, per semplificare l’esportazione del prodotto anche sui mercati esteri: ed ecco allora il proliferare di finti nomi inglesi). Ma il suo lavoro era un po’ lanciare il sasso per poi nascondere la mano.
Perché a filmare le grazie procaci della sventolona dalle lunghe gambe o a fare horror con quattro frattaglie prese dal macellaio, un poco ci si sentiva meno di un Fellini.
E, in fondo, lo si era.
Mica è sbagliato ammetterlo.
Però restava vero il fatto che, se Fellini e Antonioni potevano girare i loro capolavori, questa possibilità era garantita loro dai successi commerciali dei film disimpegnati, dalla persistenza di un prodotto medio che non aspirava all’Oscar, ma incassava bene e dava ossigeno a prodotti che potevano anche essere in perdita, ma diventavano i fiori all’occhiello dei produttori che ci avevano messo su bei soldoni.

Piero Vivarelli, lui, invece, era diverso. Faceva film di genere e ne faceva un vanto. Ci si riconosceva. E nella straordinaria libertà del low budget si sentiva un po’ come il nudista che arriva finalmente in spiaggia e può liberarsi anche dall’intralcio del costume.
Del genere amava la possibilità di inventare. E anche se non è mai stato un re del B movie come Ed Wood né ha avuto una produzione fluviale come Joe D’Amato, ha fatto i film che voleva fare come li voleva fare. E in questo è stato fortunato.
Di più: ha intercettato con forza i gusti del pubblico e se li è girati a modo suo, con un estro che gli altri non avevano.
Così, insieme a Fulci, ha preso in mano il musicarello e l’ha girato come un calzino. A fronte di un genere fondato su una narrazione debole, costruita su una sola canzone, o, nella migliore delle ipotesi, su un cantante, lui ha sfidato la sorte inventandosi una coniugazione rock del genere lanciando Celentano e 24000 baci che arriva, a suon di batteria, fino a Kusturica. Oppure ha anticipato scelte videoclippare come quando mette Mina a cantare Il cielo in una stanza seduta su un carrello che la fa passare vicino a finti alberelli nello spazio astratto del grigio più fumoso. Oppure ancora mettendo insieme Rita Pavone e Totò in una commedia musicale che sfida la catalogazione di genere a ogni inquadratura.

Vivarelli è stato un regista che le ha provate tutte: ha fondato, quasi, l’inesistente tradizione dei cinefumetto in salsa italiana, ha portato avanti il decamerotico strappandolo dalle mani di Pasolini e costringendolo all’abiura, ha raccontato il muro di Berlino in un film che è stato equanimamente proibito tanto nella parte est che in quella ovest della città cara a Wenders.
Poi, tra un film e l’altro, faceva musica, conosceva la Fallaci, e si metteva in situazioni improbabili per il suo smodato amore per le donne.

Fabrizio Laurenti e Niccolò Vivarelli non si limitano a raccontare la carriera di un autore tanto sregolato attraverso un collage di testimonianze di prima mano. In Life As a B-Movie: Piero Vivarelli, anzi, raccontano più che l’opera la vita di quest’artigiano indimenticato della nostra cultura. E nel farlo scoprono, divertiti come la vita di Piero Vivarelli sia stata, in fondo, esattamente come un B movie d’altri tempi. Improbabile, ma stranamente più vera di quella che si potrebbe raccontare in un film d’autore. Forse anche perché Viverelli stesso ha riempito le sue pellicole, realizzate in un clima disimpegnato e allegro come una cena tra amici, di tanti ammiccamenti e piccole confessioni autobiografiche che ci sembrano oggi momenti stranamente preziosi di cinema vero.
Per questo Life As a B-Movie: Piero Vivarelli è un film, forse non linguisticamente originale, ma intensamente divertente che ci lascia col rimpianto di una stagione irripetibile del cinema.


CAST & CREDITS

(Life As a B-Movie: Piero Vivarelli); Regia: Fabrizio Laurenti e Niccolò Vivarelli; sceneggiatura: Fabrizio Laurenti e Niccolò Vivarelli; montaggio, fotografia e riprese: Fabrizio Laurenti; Con: Quentin Tarantino, Umberto Lenzi, Emir Kusturica, Franco Nero, David Zard, Pupi Avati, Rita Pavone, Gianni Minà, Giona A. Nazzaro, Beryl Cunningham, Vincenzo Mollica, Marco Giusti, Maria Pia Fusco, Adriano Aragozzini, Enrico Vanzina, Gabriele Salvatores, Manlio Gomarasca, Lars Bloch, Steve della Casa, Franco Rossetti, Olivier Père; produzione: Tea Time Film – Wildside in associazione con Istituto Luce-Cinecittà; distribuzione: Istituto Luce-Cinecittà; origine: Italia, 2019; durata: 82’


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