Venezia 76 - Passatempo
Un anziano professore siede tranquillo in un bar in una placida giornata di tarda primavera, inizio estate. È solo e lo si direbbe quasi un pensionato per la mancanza di fretta che si sente in ogni suo gesto. Una cameriera che gli si rivolge come di solito si fa a un cliente abituale, gli serve, su un vassoio, un caffè e qualcos’altro che se ne sta sotto il risvolto elegante di un canovaccio di stoffa bianco e pulito. Il professore sbircia appena sotto il panno, quando la ragazza lo incoraggia dicendogli che “finalmente” è arrivato il suo turno.
Di cosa lo sapremo appena qualche inquadratura dopo, quando l’anziano è raggiunto da un giovane di colore, un immigrato regolare, che gli siede davanti pronto a giocare a un gioco le cui regole si palesano nel mentre i due sono intenti al passatempo di cui il titolo del corto.
In breve, le regole, inderogabili, son queste: dei due giocatori, uno conduce e l’altro risponde. Chi conduce ha in mano una rivista tipo settimana enigmistica e una matita con la quale riempie le caselle delle parole crociate. L’altro fornisce le risposte, ma senza guardare la pagina e, anzi, senza nemmeno conoscere le definizioni e il numero di lettere che compongono la parola ricercata. L’unica scelta concessa al giocatore è quella della pagina da cui prendere il gioco enigmistico. La posta in palio resta invece assai poco chiara.
Il giovane immigrato regolare, a fine incontro, però, non riesce a chiudere la sciarada e l’anziano professore si trova, suo malgrado, ad applicare le regole: prende, quindi, da sotto il canovaccio che gli era stato portato, una pistola e con questa spara al giovane sconfitto, eliminandolo per sempre dalla competizione.
Passatempo, corto di Gianni Amelio presentato in apertura della Settimana Internazionale della Critica del Festival del Cinema di Venezia, inizia all’insegna dello spiazzamento. All’interno di una situazione borghese e normalizzata, codificata in una ritualistica sociale elementare (un vecchietto al bar che risolve cruciverba per ingannare l’attesa), viene immesso un principio di surrealtà dai contorni sfuggenti che complica ogni possibilità di interpretazione degli eventi.
Così il confronto tra un bianco anziano e un giovane migrante di colore diventa al tempo stesso riflessione politica sulla società italiana contemporanea (sulla linea di altre esperienze di Amelio sull’argomento a partire da Lamerica) ma è segno al tempo stesso di un’astrazione puramente grafica che contrappone una casella bianca a un’altra nera come avviene, appunto, nei cruciverba.
Allo stesso modo la regola che impone al giocatore di fornire la risposta senza conoscere preventivamente la domanda rimanda alle regole straniate dei sogni (come suggerirebbe il fatto che, dopo aver sparato al giovane migrante, il protagonista si risveglia di soprassalto a bordo di un treno in corsa nella notte) e segno di una possibile realtà distopica in cui un gioco crudele è subentrato a regolamentare la vita delle persone.
Estrema rievocazione di “Panem et circensem”, in fondo, dove i gladiatori si affrontano nel terreno apparentemente non violento del gioco enigmistico, ma in cui conta più di tutto l’esecuzione finale, il pollice verso dichiarato sin dall’inizio dall’esercizio del potere che, invisibile, fornisce le armi prima ancora dell’inizio del gioco. Anzi: le serve insieme al caffè che è emblema della cortesia ospitale anche negli incontri occasionali. Si sarebbe potuta immaginare metafora più crudele del mondo nel quale viviamo?
Ogni possibile interpretazione in chiave di una rappresentazione di una presunta supremazia bianca sui neri più o meno regolari che arrivano sulle nostre coste è presto contraddetta dal successivo sviluppo del corto, quando il gioco prosegue a parti invertite. Nella seconda parte di Passatempo è, quindi, il nero a condurre il gioco e il bianco a subirne le alterne sorti.
Scelta, questa, alla Buñuel che riporta il meccanismo narrativo alla sua adamantina dimensione strutturale e che rilancia l’idea di un potere che va oltre il fato dei singoli giocatori, vittime, in fondo, tutte allo stesso modo, delle regole perverse del sistema.
Mentre resta se non altro sintomatico che l’unico ragazzo di colore che non partecipa al gioco al massacro sia un venditore ambulante che non ha attese da ingannare, ma deve appunto lavorare.
Passatempo, primo corto di finzione di Amelio, è opera assai intrigante, a metà tra l’omaggio a un cinema amato (quello dell’ultimo Buñuel, appunto) e il recupero di temi e modi che il regista ha già sperimentato altrove, ma che paiono rinnovati dalla narrazione breve. Renato Carpentieri ci aggiunge un tocco di classe sopraffina.
(Passatempo); Regia: Gianni Amelio; sceneggiatura: Gianni Amelio; fotografia: Luan Amelio Ujkaj; montaggio: Simona Paggi; interpreti: Renato Carpentieri, Daouda Sissoko; produzione: Bartlebyfilm, The Film Club, Rai cinema, Fondazione Fare Cinema, Vision Distribution; origine: Italia, 2019; durata: 18’