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VENTO DI TERRA

Pubblicato il 9 settembre 2005 da Giovanella Rendi


VENTO DI TERRA

Prendere di mira il cinema italiano con cerbottane avvelenate sembra essere diventato ormai per la stampa nazionale una specie di nuova disciplina olimpionica. Non che i motivi non manchino, ma per una volta non può che farci piacere sospendere i combattimenti, far tacere obici e mitragliatrici e, dopo una breve sosta per ricordare come si fa, elogiare una pellicola che parla la nostra madrelingua e lo fa con pudore, sostanza e impegno. Forse (a più di mezzo secolo da quando abbiamo inventato il neorealismo) anche noi possiamo vantarci di un equivalente dell’impegnatissimo e adorato cinema britannico alla Loach, che ancora indaga nella realtà, pedina zavattinianamente la gente comune, ci invita alla riflessione.
Senza patetismi né violenze gratuite, con movimenti di macchina da presa ridotti al minimo alternati a panoramiche di grandi città che ricordano dei formicai, Marra ci porta in una degradata ma non disumana periferia del sud, senza bande di quartiere, spacciatori, prostitute o camorristi. Questi Malavoglia di oggi sono disoccupati o lavoratori in nero, con la casa a rischio e la salute ormai andata, gente umile ma perbene, con dei valori, e di poche, pochissime parole. Sono quelli che per Marra vivono “senza paracadute”, che se qualcosa va male non possono sperare sull’aiuto di nessuno.
Vincenzo, il protagonista, è un ragazzo serio e responsabile, come al cinema non se ne vedono (forse non fanno audience), che vuole solo aiutare la famiglia ma non gli rimane che la strada del militare di carriera, la durezza della naja, la insopportabile noia del lavoro d’ufficio e poi (campanello d’allarme) le missioni cosiddette “di pace” all’estero, in Kosovo. La guerra non c’è, non la vediamo, solo campi di grano e contadini che mietono o seppelliscono i loro morti, nessuna esplosione, nessuno scontro a fuoco, eppure il nemico c’è, e insidiosamente ha già colpito.
Quando tutto sembra finalmente avviarsi ad un’esistenza quasi normale, quantomeno la sopravvivenza è garantita, Vincenzo scopre di avere un male incurabile, il danno irreparabile che l’uranio impoverito ha compiuto dentro di lui, che non sa neanche cosa sia. Davanti alla proposta di rivendicazione dei suoi diritti, di firmare una protesta contro lo stato, il suo viso immobile, il suo silenzio con cui accoglie gli accadimenti di un mondo incomprensibile, o forse compreso anche troppo bene.

[settembre 2004]

Regia: Vincenzo Marra
Sceneggiatura: Vincenzo Marra
Fotografia: Mario Amurra
Montaggio: Luca Benedetti
Interpreti: Vincenzo Pacilli, Vincenza Modica, Giovanna Ribera; Edoardo Melone
Produzione: R&C Produzioni
Distribuzione: Mikado
Origine: Italia
Durata: 90’

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