Videocracy

Rai (servizio pubblico – è sempre utile ricordarlo) e Mediaset hanno deciso di non trasmettere alcun comunicato promozionale relativo a Videocracy di Erik Gandini. Se la scelta era prevedibile per la televisione commerciale, la presa di posizione della TV di Stato appare, al contrario, abbastanza incomprensibile. Il testo ufficiale con le motivazioni dichiara che Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata – si potrebbe pensare che – attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso. Mai sentito parlare di conflitto di interessi?
Il film svedese (Gandini è nato a Bergamo ma da tempo vive e lavora a Stoccolma) sbarca quindi sugli schermi del Lido con l’eco delle polemiche e attesissimo tanto dalla stampa quanto dalla critica. Videocracy ricostruisce la nascita e l’evoluzione della televisione commerciale in Italia evidenziando il ruolo chiave di Silvio Berlusconi, magnate dell’intrattenimento televisivo prima, depositario del potere politico poi. Il documentario, oltre che insistere sulla vacuità delle trasmissioni mandate in onda sui canali Mediaset negli oltre trenta anni della sua vita, porta sulla scena quattro personaggi principali. Il primo è il nostro Presidente del Consiglio. A completare il quadro sono Ricky (giovane karateka-cantante in cerca di gloria mediatica), Lele Mora e Fabrizio Corona. Con l’entrata in scena di questi ultimi il documentario vira verso una denuncia più morale che politica. Sotto esame c’è una società in continua e affannosa ricerca di fama, gloria, soldi facili. Una società in cui Lele Mora possiede le chiavi della “scatola magica” (la TV) e Fabrizio Corona (per sua stessa ammissione un Robin Hood moderno che ruba ai ricchi ma, piuttosto che ridistribuire ai poveri, preferisce dare a stesso) è l’emblema del riscatto, figura controversa e mitizzata in grado di arricchirsi e di tenere sotto scacco i potenti.
Gandini sfrutta la voglia di apparire dei soggetti, l’enorme ego che li caratterizza, per metterli davanti la propria mdp e farsi raccontare aneddoti e curiosità, abitudini e vita privata. Così scopriamo un Mora felice di dichiararsi mussoliniano con Faccetta Nera come suoneria telefonica ed un Corona a metà tra il Tony Montana di Scarface e, come detto, un moderno Robin Hood. Se ne ricava un ritratto paradossale, ed anche un po’ ridicolo, tanto dei personaggi quanto della realtà, televisiva e non, che viviamo.
Videocracy, definito in Svezia l’horror movie dell’anno, non convince del tutto. Pur dimostrando la sua tesi di fondo (la simbiosi tra potere televisivo e politico), il film tende ad una eccessiva confusione. La struttura che prevede quattro diversi capitoli (tanti quanto i personaggi cui Gandini rivolge la sua mdp) che si alternano spezza un po’ il ritmo del racconto creando confusione, ed in qualche momento una eccessiva rilassatezza, in chi osserva. Altri dubbi suscitano poi alcune scelte narrative. Si ha l’impressione che certe sequenze siano figlie della ricerca di un eccessivo sensazionalismo piuttosto che di una reale necessità del progetto filmico (e non parliamo solo del nudo integrale di Corona che, siamo certi, sarà evocato da più parti in più momenti) La fotografia, poi, sembra appartenere più ad un formato televisivo che non cinematografico.
Ci ha convinto solo in parte Videocracy pur apprezzandone il coraggio e augurandoci che, sbarcando oggi nelle sale italiane, possa combattere la censura di cui è stato incolpevole protagonista e, perché no, dare qualche spunto di riflessione in più.
Videocracy - Basta Apparire; Regia: Erik Gandini; fotografia: Manuel Albert Claro, Lukas Eisenhauer; montaggio: Johan Soderberg; produzione: Atmo AB, Zentropa Entertainment7; distribuzione : Fandango; origine: Svezia 2009; durata: 85’
