Viola di Mare

Inizia con un montaggio frenetico Viola di mare, scandito da sonorità dissonanti e da inquadrature prive di rigore geometrico. Rapide, mosse, fedeli al narrato, raccontano l’incipit di quello che il film mostrerà nei restanti novanta minuti di proiezione. In una Sicilia riconoscibile ma non geograficamente definita, in un tempo suggerito (lo sbarco dei Mille) ma non stabilito con certezza, l’infanzia delle due protagoniste occupa lo schermo. E tanto lo stile quanto la materia della narrazione danno conto di una drammaticità che non potrà che innalzarsi, lasciando presagire il rapporto che legherà i due personaggi femminili principali, entrambe splendide nei volti e nella recitazione di Valeria Solarino e Isabella Ragonese.
Quando la frenesia degli istanti iniziali tende ad attenuarsi, il film perde parte del suo ritmo, rischiando di trascinare ciò che ben presto si evolve nel racconto di un amore proibito e, per questo, osteggiato. Dopo il suo esordio nel lungometraggio, avvenuto nel 1998 con Viol@, Donatella Maiorca torna al cinema trasponendo il libro di Giacomo Pilati Minchia di Re. Attuale, anche di più, tanto la sua presentazione in corso al Festival di Roma, quanto lo sbarco in sala, a pochi giorni dallo stop alla camera della legge anti-omofobia. Abbandonando da subito considerazioni politiche e facili strumentalizzazioni (dovrebbe essere superfluo sottolineare l’importanza del riconoscimento degli stessi diritti per qualsiasi essere umano), e concentrandoci sul film, Viola di mare provoca sensazioni assai discordanti (almeno questo è quello che noi abbiamo percepito).
Risulta sicuramente interessante il lavoro che Donatella Maiorca compie sull’immagine e sulla sintassi del film. Tanto il montaggio quanto la costruzione apparentemente sgrammaticata delle inquadrature affascinano e tengono viva l’attenzione. La regia (e ancora di più la fotografia di Roberta Allegrini) mostra una certa raffinatezza ed eleganza nel gestire momenti difficili quali il racconto dell’amore fisico tra la Solarino e la Ragonese (niente di particolarmente scabroso, motivo per cui ci auguriamo che la parola “scandalo” non sia usata con la solita faciloneria), ma, al contempo, non pochi sono i frangenti in cui il narrato sembra sfuggire di mano alla brava regista messinese.
La storia, dura e sincera, vissuta in modo assai partecipato sia dalle due attrici protagoniste sia dal resto di un cast di cui ricordiamo un Ennio Fantastichini in versione “padre-padrone”, acquista in consistenza nella seconda parte della pellicola, in cui il rapporto tra le due donne viene esplorato al suo interno (nell’intimità della coppia) e nella sua relazione con una società che, inevitabilmente, verso quell’amore prova ribrezzo, riparata dall’ombra della morale cattolica e di pseudo leggi naturali da fare rispettare. Nonostante questo, il racconto della “mascolinizzazione” di Angela, corredata dalle carte parrocchiali e civili, del suo ipocrita (perché chiaramente bugiardo) ripresentarsi agli occhi della comunità non più come donna bensì come uomo, attraversa delle fasi di stanca, figlie probabilmente di un eccessivo dilungarsi in divagazioni non del tutto risolte.
Si ha l’impressione che alcune sequenze (il tentato stupro o la visita militare) vogliano tornare ad insistere, esercitando così un ruolo rafforzativo, su temi e sensazioni già abbastanza approfondite e concluse. Si ottiene quindi l’effetto inverso. Piuttosto che andare ad aumentare la forza di passaggi precedenti, se ne diminuisce in parte l’efficacia.
Ecco perché, al riaccendersi delle luci in sala, si resta spiazzati nelle considerazioni finali, con l’impressione di avere assistito, nell’ultima parte del film, ad echi, che si succedono senza soluzione di continuità, di tutto quello che è avvenuto nella prima metà. A calmierare un po’ questa impressione il finale che, affidato ad un primo piano della Solarino, rivendica la forza intravista nel prologo, prima di risolversi tra le note rudi e la voce graffiante di Gianna Nannini.
(Viola di Mare) Regia: Donatella Maiorca; soggetto: Pina Mandolfo; sceneggiatura: Donatella Maiorca, Pina Mandolfo, Mario Cristiani, Donatella Diamanti; fotografia: Roberta Allegrini; montaggio: Marco Spoletini; scenografia: Beatrice Scarpato; costumi: Lia Francesca Morandini, Sabrina Beretta; interpreti: Valeria Solarino (Angela), Isabella Ragonese (Sara), Ennio Fantastichini (Salvatore), Maria Grazia Cucinotta (Agnese), Lucrezia Lante della Rovere (Baronessa), Corrado Fortuna (Ventura); produzione: Italian Dream Factory; distribuzione: Medusa; origine: Italia; durata: ‘105;
