Vogliamo anche le rose

Anche le rose. Perché a una donna le rose piacciono. E come le rose, i fiori, la dolcezza, l’educazione, ogni forma di delicatezza e rassicurazione. E poi, anzi insieme, il rispetto per la propria condizione, per la propria natura, per le caratteristiche comuni e per le differenze che passano tra un uomo e una donna immersi nella stessa realtà culturale. Il viaggio lungo mezzo secolo di Alina Marazzi attraversa la storia recente italiana sottobraccio all’evoluzione del costume femminile. E’ un viaggio pieno di profonda sensibilità, di passione decisa ed intelligenza narrativa. Molto simile alla qualità con cui la regista ci aveva stupito col suo primo, irripetibile capolavoro: lo straziante e dolcissimo Un’ora sola ti vorrei.
Alina Marazzi, attiva dagli anni ’90 con lavori per la tv, già sulla condizione femminile (Impaste, L’America me la immaginavo, Ragazzi Dentro), sceglie al suo terzo passaggio torinese (la seconda volta fu con Per sempre) tutto il percorso storico della donna italiana dal dopoguerra ai giorni nostri. Lo fa attraverso l’esposizione diaristica di tre casi paradigmatici, con tre voci off di diverso accento e contenuto che, legate dalla comune sessualità, aiutano a rapportarsi con l’essere donna in generale, ancora prima delle leggi, dei patrimoni culturali e delle conseguenze storiche. Si respira un’atmosfera problematica e partecipata, sincera, complice e nello stesso tempo comunicativa. Una donna è corpo, psiche, una marea di sentimenti contrastanti e forti. Nel diario esplode l’intimità che si nasconde nel fragile corpo, nel bisogno sistematico di creare profondità nel rapporto tra interno ed esterno. Nel primo diario si parla di sessualità piegata alla paura causata dall’educazione. Colpisce la precisione del racconto, la chiarezza dell’esposizione e la forza espressiva del problema. Nel secondo caso di maternità e di aborto.
Non c’è mai solo il politico, il collettivo ed il datato, ma sempre, con sobrietà e nudità, l’intima spiegazione, l’origine e la causa della battaglia, l’alba interiore che diviene condivisibile ad un certo momento: quando l’individuale pizzica le corde dell’universale. Nel terzo caso assistiamo all’incontro, anche scontro, tra l’intimo e il politico, tra la natura e la storia. Tra il desiderio privato ed il dovere morale collettivo. Una donna si trova davanti alla storia e alle scelte politiche.
In tutti e tre i casi Alina Marazzi riesce a fondere la freddezza e l’oggettività del racconto storico con la narrazione del singolo e del privato. Ci riesce perché mescola con un montaggio efficace, ma non invadente (preziosissima la collaborazione con Ilaria Fraioli e Benni Atria), i diversi e fortunati materiali di repertorio. Fornisce al documentario un ritmo funzionale, fatto di accelerazione e soste là dove servono. Si aiuta con qualche clip e con il recupero di lavori autoriali di autonomo ed immortale valore. L’esempio di Alberto Grifi su tutti. Ne esce un lavoro importante che documenta e ricorda mentre diverte, intristisce ed emoziona. Vogliamo anche le rose è storia di tutti e privata esposizione. Gradevole ed utile da vedere. Problematico, sentito e non superideologicamente schierato. Per le donne, per gli uomini e per chiunque. Le tre voci narranti sono di Valentina Carnelutti (Tu devi essere il lupo, La meglio Gioventù), Teresa Saponangelo (Pianese Nunzio, quattordici anni a Maggio, Te lo leggo negli occhi) e Anita Caprioli (Santa Maradona, Non pensarci). Si sente, nel calore della voce, la condivisione del progetto.
Regia: Alina Marazzi, sceneggiatura: Alina Marazzi, montaggio: Ilaria Fraioli; interpreti: Anita Caprioli, Valentina Carnelutti, Teresa Saponangelo, produzione: m.i.r. cinematografica, ventura film, rai cinema, in associazione con fox channels italy, rtsi televisione svizzera – distribuzione: Mikado;
