Home for the Weekend
La malattia, soprattutto quella dell’anima, sa essere terribilmente insaziabile, in materia di attenzioni. Per vendicarsi di questa mancanza, vera o presunta che sia, può diventare anche terribilmente manipolatoria e ricattatrice e distruggere tutto quello che di buono, o di "normale" ha intorno. Gitte é una bella signora intellettuale alto borghese, sposata con un editore di successo, ha due figli ormai adulti che secondo lei sono ormai sistemati e "hanno i piedi per terra" . Da 30 anni soffre di una malattia che la porta ad entrare ed uscire dagli ospedali, e da 30 anni suo marito si batte perchè abbia una vita normale e il loro matrimonio non soccomba. Si pensa inizialmente ad un tumore o un cancro, in realta si tratta di una sindrome maniaco-depressiva.
In occasione della riunione familiare con i due figli, la fidanzata del seconogenito e il nipotino, Gitte annuncia di non volersi curare più, di stare bene così com é, e davanti alle legittime preoccupazioni della famiglia, reagisce come davanti ad una cospirazione ai suoi danni e scompare nel bosco. Va da sé che la sua repentina sparizione scatena una serie di reazioni e conflitti fino allora (neanche troppo) latenti, che riguardano soprattutto i figli e il padre, colpevole ai loro occhi di avere una nuova relazione. I due figli, ovviamente, non hanno affatto i piedi per terra, il primogenito sembra essere uno scrittore di successo ma ha un matrimonio in crisi, mentre il secondo non riesce ad emanciparsi economicamente dalla famiglia e appare schiacciato dalla figura del padre.
La scomparsa senza motivo e senza ritorno di un genitore in un bosco inquietante e misterioso, ricorda molto da vicino quella del padre apiculture in Bal (Honey) di Semih Kaplanoğlu, Orso d’oro alla Berlinale 2010, ma privata degli elementi ancestrali e favolistici che costituiscono l’humus poetico del film turco, Was bleibt purtroppo non riesce ad elevarsi oltre il livello di un mediocre Familiendrama dai meccanismi prevedibili e datati. Malgrado la presenza di attori di talento come Lars Eidinger e Corinna Harfouch, Schmid non riesce in quella che era una delle sue principali caratteristiche, ovvero la capacita’ di raccontare senza enfasi ma con grande efficacia il disagio esistenziale nei suoi aspetti piu disparati, nelle sue origini psicologiche o sociali. Nato come reazione al thriller politico sui crimini nella ex Yugoslavia Sturm (2009), per cui a suo dire aveva dovuto sacrificare la psicologia dei personaggi a favore dei complicati meccanismi della trama, il regista non riesce a trovare soluzioni nè estetiche nè narrative che comunichino effettivamente il dolore e il disagio dei suoi personaggi, come accadeva invece in Crazy (2000), Lichter (Distant Lights 2003), e soprattutto Requiem (orso d’oro nel 2006 per la migliore interpretazione femminile a Sandra Hüller). La rappresentazione della depressione é sicuramente tra gli eventi più difficili da mettere in scena e Schmid é di certo tra i registi contemporanei il più indicato per riuscirci: nemmeno per un momento invece lo spettatore ha un moto di empatia per uno qualsiasi dei personaggi, e a peggiorare le cose é la artificiosa ambientazione da rivista patinata che fa da cornice al tutto.
(Was Bleibt) Regia: Hans-Christian Schmid; sceneggiatura: Bernd Lange; fotografia: Bogumil Godfrejów; montaggio: Hansjörg Weißbrich; musica: The Notwist; interpreti: Lars Eidinger, Corinna Harfouch, Sebastian Zimmler, Ernst Stötzner, Picco von Groote; produzione: 23/5 Filmproduktion GmbH; origine: Germania; durata: 85’.