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WEAPONS - INDEPENDENT FILM COMPETITION, DRAMATIC

Pubblicato il 21 gennaio 2007 da Giampiero Francesca


WEAPONS - INDEPENDENT FILM COMPETITION, DRAMATIC

“Bentornato a casa” recita il titolo del primo capitolo di Weapons. Casa, l’America, vista da Adam Bhala Lough come un hamburger straripante di salse. Il ragazzo che lo addenta però non farà in tempo a “gustarne” nemmeno un boccone. Un colpo, una pallottola di fucile, le armi… bentornato.

Sembra sempre più difficile, almeno a guardare le pellicole provenienti dagli States, raccontare gli USA senza parlare dalla violenza, qualsiasi forma la incarni, che ne contamina la società. Ovunque si guardi, attraverso gli occhi di un ragazzo nero, di una ragazzina afro-americana, di un giovanotto bianco o di sua sorella maggiore, è sempre la brutalità, il sopruso, l’aggressività a dominare il panorama. Eppure appare tutto normale. Appare normale che ragazzi come Chris (Paul Dano) portino con loro un fucile, “Solo nel caso volessi uccidere qualcuno”, o colpiscano ripetutamente un uomo con un estintore per prendergli la pistola in un’inutile prova di forza (The bullettproof), coma fa Reggie (Nick Cannon), o ancora che un bambino possa rimanere totalmente indifferente all’idea di dover sparare ad un uomo; lui ha sonno, vuole solo dormire altri venti minuti. Una normalità anormale, quotidiano e continuo ribaltamento di tutte quelle regole morali sulle quali dovrebbe essere fondato uno stato civile. I ragazzi camminano, fumano, giocano a basket, ballano alle feste, si baciano e poi, con la stessa naturalezza, impugnano un fucile a pompa e fanno fuoco. Quadri già visti che richiamano alla mente le scene di Elephant di G. Van Sant e fanno rimbombare la stessa inquietante domanda: come possiamo considerare tutto questo normale?
Le immagini sono chiare, inequivocabili, più forti e dirette delle parole dei talk-show, dei servizi dei telegiornali, di tutti quelli che vorrebbero dividere la realtà in “classi” manichee: i buoni e i cattivi. Non esistono realtà parallele, quella retta, dove i giovani studiano, si amano, fanno sport, e quella malvagia, riservata solo ai reietti, ai poco di buono; sono due facce della stessa medaglia. Di tutto questo, un paese come l’America in cui il livello di competizione è altissimo in ogni campo, che ti alleva nell’idea di essere perennemente in gara con il resto del mondo, che ti costringe, per sentirti più forte, a far parte di ristrette cerchie di persone, è un paradigma perfetto.
Le storie che si susseguono e si intrecciano, tra continui salti temporali, flashback e flashforward, con uno stile molto vicino alle strutture narrative di Inarritu, dipingono i contorni di una realtà che spinge anche gl’animi più pacati verso le parti più basse della coscienza umana. E’ il caso di Sean (Mark Webber), un artista a modo suo, che, come Ricky Fitts (il ragazzo con la telecamera di American Beauty), vuole raccontare la sua vita, o meglio, quella che vorrebbe fosse la sua vita con una piccola videocamera. Così vaga per le feste, ignorato o deriso, tra i campioni collegiali di football (esempio classico di lobby studentesca), picchiato e umiliato, cercando un po’ di affetto nelle ragazze, che lo evitano, rifugiandosi nelle “Girls gone wild”. In fondo è proprio la sua vita quella che cattura la telecamera, tutta la sua vita, anche i momenti più bassi. Nessuno, neanche il più onesto e buono, può resistere a questo sistema senza rimanerne invischiato. E così gli ultimi fotogrammi del film di Sean sono dedicati ad uno stupro che il ragazzo compie verso una sua coetanea illusasi di trovare in lui un ritrovo sicuro. Nessuno è al sicuro nel mondo di Adam Bhala Lough.

E’ quando si accendono le luci nella sala però che ci si rende conto della cosa più inquietante; ci si è abituati. Le immagini iniziali, che colpivano proprio perché apparentemente così distanti alla nostra quotidianeità, sembrano ormai parte di un ovvia routine. Si esce in strada, si torna alla realtà.


CAST & CREDITS

Regia: Adam Bhala Lough; sceneggiatura: Adam Bhala Lough; interpreti: Nick Cannon (Reggie), Paul Dano (Chris), Mark Webber (Sean), Riley Smith (Jason), Regine Nehy (Sabrina); fotografia: Manuel Claro; montaggio: Jay Rabinowitz; produttore: Dan Keston, Rob Fried, Bill Straus; distributore in USA: Fried Films; origine: USA 2006; durata: 85’


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