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World Trade Center

Pubblicato il 13 ottobre 2006 da Salvatore Salviano Miceli


World Trade Center

La sveglia segna le 3 e 29 del mattino. New York, è già l’11 Settembre 2001. Fuori la città si appresta a vivere il momento del risveglio. Il buio ormai tenue lascia lentamente il posto ai bagliori dell’alba. Seguiamo la macchina da presa nelle sue evoluzioni aeree sopra una “Grande Mela” ancora ignara che quel giorno diverrà preda di quella memoria collettiva chiamata storia. Volti si succedono nell’anonimato di una metropolitana. Non c’è segno di quello che solo noi spettatori sappiamo accadrà.
Inizia così World Trade Center, ultimo lavoro di Oliver Stone e le premesse sono più che buone. Non c’è traccia di patetismo, è assente qualsiasi anticipazione. Tutto è sospeso. Questi splendidi venti minuti non bastano, però, a supportare il resto di un film che troppo presto violentemente si lascia conquistare da una retorica visiva e concettuale che sì appartiene al regista, ma che questo ultimo è spesso riuscito a tenere fuori dalle sue pellicole migliori.
Stone racconta la vera storia della sopravvivenza, sotto le macerie delle Twin Towers, di due agenti della polizia portuale, il loro disperato tentativo di restare attaccati alla vita, agli affetti cui appartengono. Vediamo l’attesa delle loro famiglie e, al contempo, la lacerante consapevolezza di chi sta toccando con mano piena l’amaro celato dietro il manifestarsi della fine.
Si intuisce immediatamente che le intenzione del regista sono di procedere lungo una linea di sobrietà che lasci fuori urla strazianti e lacrimevoli, ma ciò non rispecchia il risultato finale. Non basta affidarsi ad una storia reale, infatti, per rendere vibrante un racconto cinematografico. L’immagine, ancora di più in questo caso dove l’elemento drammatico è l’atomo, il nucleo costitutivo della rappresentazione, necessita di una regia forte, in grado di mostrare le giuste tonalità e di scandire toni e tempi. World Trade Center, invece, assomiglia più ad un progetto rimasto nella sua fase embrionale, privato di uno sviluppo estetico, strutturale.
Stone, che, se vuole, sa non essere convenzionale, e che spesso ha realizzato opere la cui natura controversa nascondeva demoni, ed al contempo esorcismi, strettamente personali, qui oblia troppo la sua presenza, la sua poetica, rifugiandosi in una asetticità che mai gli è appartenuta. Si avverte una costrizione del gesto che taglia aria e respiro ad un film che pure potrebbe essere ampiamente nelle sue corde. La scelta di non palesare una chiara impronta politica, che, comunque, si intravede e che una attenta visione rende leggibile, potrebbe anche essere nota di merito interpretandola come volontà di lasciare spazio al dolore puro e reale, privo di motivazione e ancor meno di giustificazioni ideologiche. In questo caso, però, il film deve essere animato da altre spinte capaci di metterlo al riparo da un facile qualunquismo.
Pur basandosi interamente sul racconto di John McLoughlin (Nicolas Cage) e Will Jimeno (Michael Peña), i due sopravvissuti, non si giustificano certe scelte che, francamente, lasciano quantomeno spiazzati. Ne è esempio un’improbabile apparizione del Cristo che, se nell’esperienza reale riconduce alla sfera intima della religiosità di ogni essere umano possedendo, dunque, un valore precipuo, all’interno del film, specie per come viene realizzata, lascia non pochi dubbi.
Resta la curiosità di come sarà accolto questo film, a mio avviso troppo lontano dal miglior Oliver Stone, specie ripensando a pellicole quali Platoon, Talk Radio o Natural Born Killers, queste sì intimamente legate alle qualità artistiche del regista, dal pubblico ed il rammarico per un’opera che necessitava forse di maggiore cinismo, laddove con questo non si ha minimamente l’intenzione di svalutare sentimenti intensamente profondi, ma, al contrario, di rivendicare il bisogno di un distacco propedeutico all’innalzarsi della forza espressiva.


CAST & CREDITS

(World Trade Center) Regia: Oliver Stone; soggetto: dalla storia vera di John McLoughlin, Donna McLoughlin, William Jimeno, Allison Jimeno; sceneggiatura: Andrea Berloff; fotografia: Seamus McGarvey; montaggio: David Brenner, Julie Monroe; musica: Craig Armstrong; scenografia: Jan Roelfs; costumi: Michael Dennison; interpreti: Nicolas Cage (John McLoughlin), Michael Peña (William Jimeno), Maria Bello (Donna McLoughlin), Maggie Gyllenhaal (Allison Jimeno); produzione: Paramount Pictures; distribuzione: United International Pictures; origine: USA; durata: 125’;


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