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ÇA BRÛLE

Pubblicato il 22 maggio 2006 da Alessia Spagnoli


ÇA BRÛLE

Tutto e il contrario di tutto potrà dirsi di questo Ça Brûle (Incendio), fuorché racconti qualcosa di scontato o già visto sullo schermo. Peccato per quel finale melodrammatico, che vanifica in conclusione i notevoli risultati conseguiti dalla regia della Simon proprio in termini di originalità e freschezza.
La narrazione procede in maniera disordinata, scomposta, assecondando una disposizione semi-documentarista a pedinare, la protagonista (bravissima Camille Varenne nel ruolo della giovane Livia) nei suoi spostamenti quotidiani, apparentemente tanto privi di logica. L’autrice mette alla prova qui la nostra abitudine radicata a seguire i movimenti dei personaggi sullo schermo, tanto minuziosamente elaborati in sede di sceneggiatura, come fossero invariabilmente dettati da ragioni profonde e stringenti. Eppure, quante volte di fatto accade che le nostre azioni non rispondano ad una logica di causa-effetto tanto vincolante? Non appena si entra in quest’ottica - tenendo conto anche del fatto che la sceneggiatura stessa è una creatura della Simon - non si può non apprezzare il refrigerante stile filmico della pellicola.
La regista ci mette nella condizione di percepire quasi oggetti e persone come se ci trovassimo nei panni della sua protagonista quindicenne, una delle tante, qualsiasi adolescenti inquiete che popolano e si agitano per il Globo. Salvo poi raccontarli, questi suoi gesti e azioni, con un occhio partecipe eppure distaccato, da etnologa, quale di fatto Claire Simon è. La storia si sposta continuamente dai tanti momenti persi (spesi?) da Livia nella Provenza sonnacchiosa nel sole, in attesa di venire invasa dai turisti, assieme ai suoi pochi amici, alcuni dei quali, uno in particolare, figli di emigrati marocchini, al divampare (letterale) della sua avvolgente passione amorosa. A quell’età, del resto, si può essere davvero in balia di sentimenti talmente impetuosi e sconvolgenti da condurre perfino alla morte (Shakespeare docet).
I gesti di Livia e dei suoi coetanei sono così di volta in volta infantili, ingenui, cattivelli, o addirittura incoscienti e pericolosi. L’esempio che le viene dai suoi genitori è, del resto, forse anche più immaturo. Probabilmente per questo la ragazza è attratta dal pompiere che la salva quando viene disarcionata da cavallo: l’uomo non è particolarmente avvenente, ma per il mestiere che svolge e per il suo ruolo di perfetto marito e padre di famiglia finisce per rappresentare agli occhi ingenui di Livia un modello di affidabilità e serietà. Un miraggio lontano, irraggiungibile, come quel cielo che glielo riporta costantemente in mente quando lo guarda.
Il registro stilistico è spesso, anch’esso come la narrazione, curioso, insolito. Alcune riprese, come quelle della ragazza a cavallo, risultano efficaci nella loro bizzarria. Ogni comparto è diretto con grande competenza e sicurezza dalla cineasta francese. Gli interpreti sono scelti con cura e risultano perfetti. Il lavoro del direttore della fotografia, come pure quello degli operatori è davvero strepitoso. E la colonna sonora, con quelle schitarrate distorte e isolate, rievoca quella, altrettanto efficace del bellissimo Dead Man di Jarmush. Anche in Ça Brûle il finale propone allo spettatore tempi sempre più dilatati e ipnotici. Ma lo stile di Claire Simon, più che quello rarefatto di Jarmush ricorda, anche se non ne è la copia carbone, quello dei fratelli Dardenne. Come i due autori belgi, proviene dal documentario (e si vede). Come loro ama visceralmente il cinema del gigante Rossellini (e anche questo è palese e finisce per dare i suoi buoni frutti).

Regia: Claire Simon; soggetto: Claire Simon; sceneggiatura: Nadège Trébal, Jérome Beaujour, Claire Simon; fotografia: Pascale Granel, Claire Simon; montaggio: Julien Lacheray et Daniel Gibel; musiche: Martin Wheeler; interpreti: Camille Varenne (Livia), Gilbert Melki; produzione: Maïa Films, Vega Film (Svizzera), Promenades Films (Francia); origine: Francia/Svizzera 2006; durata: 1h51’


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