THE HAWK IS DYING
Qualche pausa narrativa e qualche caduta di troppo per il film, in concorso alla Quinzaine, di Julian Goldberger. The Hawk is dying è costruito interamente sulle capacità attoriali di un Paul Giamatti, qui in una interpretazione di forte intensità.
La storia, piuttosto intimista, si risolve nella descrizione dello stato mentale, sospeso tra un lucido delirio ed una realtà la cui amarezza sembra avere nell’accanimento la sua migliore forma esplicativa, del personaggio principale. È un road movie esistenziale in cui metafora ed allegoria giocano il ruolo più importante. Nel disperato, quanto tenace, tentativo di domare lo spirito libero del falco si nasconde la necessità di trovare senso e una chiave di lettura per una vita spesa nella solitudine di rapporti consumati nella fugacità di un momento o, senza possibili mediazioni, nel lento incedere di una quotidianità che solo raramente sembra aprirsi ad un respiro più ampio.
Il venire meno dell’affetto più sincero, riflesso di una paternità sicuramente desiderata ma mai conquistata del tutto, diviene, dunque, l’attimo in cui le strette maglie della realtà iniziano ad allargarsi lasciando intravedere un passaggio verso l’irrazionale. È, questa, la fuga dal vivere comune che mostra, con cinismo, la sua pochezza di significato ed una irrisolutezza lacerante.
Inizia qui il percorso demistificante e demistificatorio, al contempo, del protagonista. Giamatti si lancia in una recitazione esasperata, giocata interamente sugli eccessi, sulla conduzione al limite di mimica e postura. Lo fa senza mai cadere nel caricaturale ma, al contrario, mostrando e servendosi di quella schizofrenia a cui tutti possono essere soggetti quotidianamente, davanti il venire meno di quei punti fermi che assumono il ruolo di custodi di un delicato e labile equilibrio.
Caricandosi il film sulle spalle, Giamatti, oltre a confermarsi, qualora ce ne fosse stato bisogno, uno straordinario interprete per la sua capacità di interiorizzazione, riempe lo schermo dando un grosso, e decisivo, aiuto ad una regia che, cercando di seguire lo sviluppo narrativo e il ritmo, al limite dell’onirico in certi momenti, mostra complessivamente ancora certi indugi su di una retorica della rappresentazione che si discosta dall’originalità della sceneggiatura che si evince solo saltuariamente.
La sensazione finale è quella di un film che troppo si appoggia sul valore dell’interprete principale (nel cast, negli altri due ruoli principali, si ricompone la coppia di Dawson’s Creek formata da Michelle Williams e Michael Pitt) per potere vivere di luce propria, pur restando, tuttavia, un film abbastanza godibile, soprattutto per chi accetta una narrazione priva di frenesia, tendente ad un continuo scambio tra simbolismo e razionalità.
(The Hawk is Dying ) Regia e sceneggiatura: Julian Goldberger; soggetto: adattato da “The Hawk is Dying” di Harry Crews; fotografia: Bobby Bukowski; montaggio: Affondo Gonçalves; musica: Jonathan Goldberger; interpreti: Paul Giamatti (George Gattling), Michelle Williams, Michael Pitt, Ann Wedgeworth; produzione: Antidote Films; origine: USA 2006; durata: 106’