Cannes 2007: Funuke - Settimana della Critica
Il cinema giapponese ci ha ormai abituati alla visione di film pieni di creatività, che combinano o contrappongono violenza, dramma, ironia e farsa. I personaggi che li abitano hanno di fronte a loro due strade: rimanere silenziosi, impotenti di fronte al loro destino, oppure risaltano spesso per la loro forza verbale, diventando quasi caricaturali.
Funuke è un’opera che mescola queste caratteristiche narrative. Presentato nella Settimana della Critica, il film è tratto da un romanzo contemporaneo di Motoya Yukiko. Già dalla prima sequenza, il pubblico arguisce immediatamente quali saranno gli elementi che caratterizzeranno il racconto. Ironia e violenza, farsa e tragedia sono i termini opposti di una narrazione che procede con un ritmo veloce e piacevole, ma che purtroppo non riesce mai a risultare omogeneo. L’alternanza di cifre stilistiche completamente opposte è, sì, efficace nel divertire lo spettatore, ma rende la pellicola un ibrido che rimane incerto sulla strada da seguire.
Dopo la morte dei genitori in un incidente stradale, tanto drammatica quanto assurda, Sumika, giovane ragazza che sta tentando la fortuna nel cinema, torna alla casa natale di campagna per ritrovare l’odiata sorella minore Kiyomi e l’amato fratellastro Shinji, sposato con l’assillante ed imbranata Machiko. Giocando sui rapporti tra i personaggi, il regista Yoshida Daihachi si focalizza sullo scontro fisico e psicologico tra le sorelle e sull’amore platonico (ma non solo) tra Sumika e Shinji, mettendo in scena una storia che sa di tragedia greca per tematiche (incesto, odio familiare, tradimento, morte e vendetta) e portata avanti attraverso situazioni comiche e farsesche.
I personaggi del film possiedono due facce. Tutti sono colpevoli e, al contempo, innocenti. Tutti sono dolci e premurosi, ma sono caratterizzati da una sotterranea cattiveria che costantentemente esplode in violenza. Tutti, tranne Machiko. Vera anima del racconto, figura fumettistica, donna ingenua e schiava del marito. Al termine dell’opera, è l’unico personaggio che esce vincitore: il solo con la coscienza pulita, e, dopo aver subito il carattere dei componenti della famiglia, rinasce grazie alla sua stessa ingenuità.
Opera comunque ben scritta, Funuke ha il suo punto di forza nelle interpretazioni degli attori, perfetti nel saper gestire i cambi tonali delle atmosfere e capaci di caratterizzare al meglio i loro personaggi. Lo stile del regista porta la pellicola ad assomigliare molto ad un manga. Daihachi, infatti, interrompe spesso la narrazione con flashback e sogni che visivamente ricordano i fumetti nipponici.
Funukedomo, Kanashimi No Ai Wo Misero, titolo originale della pellicola, è un’espressione intraducibile che potremmo rendere con ‘persona codarda’.
(Funukedomo, Kanashimi No Ai Wo Misero); Regia: Yoshida Daihachi; sceneggiatura: Yoshida Daihachi, dal romanzo Funukedomo, Kanashimi No Ai Wo Misero di Motoya Yukiko; fotografia: Ato Shoichi, Ozawa Atsushi; montaggio: Okada Kumi; suono: Yano Masato; interpreti: Sato Eriko, Satsukawa Aimi, Nagasaku Hiromi; produzione: Monsters Films ; distribuzione: Phantom Film; origine: Giappone 2007; durata: 111’