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Sicko

Pubblicato il 23 agosto 2007 da Salvatore Salviano Miceli


Sicko

Non ci era piaciuto Fahrenheit 9/11. Avevamo trovato la sua Palma d’Oro una provocazione mal riuscita. Se si accennava poi un confronto con Bowling a Columbine, opera precedente di Moore, il risultato era abbastanza impietoso. Sia il ritmo, sia la stessa struttura non possedevano la forza del bel film sul massacro della Columbine High School. Il regista permetteva che il suo bel lavoro di documentarista si lasciasse contagiare da una retorica inerente sia il discorso politico che quello più strettamente legato ai sentimenti personali. Troppe lacrime e troppa invettiva non garantivano, dunque, la necessaria compattezza.
Invitato dal Festival di Cannes, quest’anno ‘il regista più temuto degli Stati Uniti’, epiteto banale, ma ormai suo proprio, porta, fuori dalla competizione, un film, Sicko, che nella serata di gala è stato accolto in maniera trionfale dal pubblico, ricevendo anche buoni apprezzamenti dalla critica in generale.
Lo stile, immediatamente riconoscibile, non si discosta molto dall’inchiesta sull’11 settembre, ma da subito appare più coeso e soprattutto privo di cadute di ritmo. Moore si confronta questa volta con l’assistenza sanitaria americana (anche le case farmaceutiche hanno di che preoccuparsi) e con il grande sistema speculativo delle compagnie d’assicurazione. Il discorso di fondo è di una semplicità estrema, almeno quanto la brutalità ad esso sottesa e, nemmeno a dirlo, riguarda la fascia più esposta, ma non solo, in termini economici della popolazione: se, fortunatamente, si riesce a stipulare un’assicurazione (infiniti sono i cavilli che ne precludono la sottoscrizione ed altrettanto numerosi gli appigli addotti dalle stesse per evitare di somministrare le necessarie cure) si può avere la speranza, ma solo quella, di ricevere una degna assistenza, in caso contrario l’unica via è arrangiarsi.
L’argomento è già complesso di suo; se a questo si aggiunge il suo tipico atteggiamento, ferocemente sarcastico, si può già intuire fin dove si spingerà Moore. Basato, come consuetudine, sull’alternanza di testimonianze e approfondimenti giornalistici, Sicko ci porta tra le storie, drammatiche, della gente comune. Questa volta però, ed era tutt’altro che scontato, ci vengono risparmiate certe sue classiche invettive (la famiglia Bush e l’establishment americano sono comunque destinatari di accuse pesantissime), in buona parte condivisibili, ma corrosive solo se analizzate all’interno della struttura dell’opera. Lasciando il timone, invece, unicamente a un feroce sarcasmo e a una regia mai troppo spinta, Sicko non mostra sbavature di sorta, regalandoci anche delle trovate assolutamente indimenticabili. Come poter definire altrimenti il riempire una barca di pompieri reduci da Ground Zero, (prima chiamati eroi e poi, una volta ammalatisi, costretti a fare i conti con la disonesta burocrazia della sanità americana) e partire dalla baia di Miami alla volta della base di Guantanamo dove, secondo fonti ufficiali, la somministrazione dei farmaci, anche i più costosi, ai prigionieri è gratuita. Vedere il loquace Moore davanti ad una diga di mine chiedere asilo ai militari americani è una sequenza difficilmente cancellabile dalla mente.
Viene da fare un plauso questa volta al regista. Prima per la qualità del suo lavoro e poi per il coraggio. E chiudere per un attimo gli occhi immaginando la faccia di George W. nel vedere come proprio la rossa Cuba abbia, ed è l’epilogo del film, dato cure ed assistenza (il tutto in forma gratuita, secondo il sistema sanitario vigente all’Havana) agli eroi che lui, in compagnia di democratici e repubblicani, si era limitato ad osannare.


CAST & CREDITS

(Sicko) Regia: Michael Moore; montaggio: Dan Swietlik, Geoffrey Richman, Chris Seward; suono: Skywalker Studios; produzione: Dog Eat Dog Films; distribuzione: TFM distribuction; origine: USA; durata: 123’


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