Ocean’s 13
Il primo capitolo non era affatto male. Messe da parte intenzioni troppo pretestuose e sulla scia di un semplice remake (Colpo Grosso di Lewis Milestone con Frank Sinatra - 1960), Soderbergh & Co. realizzavano un prodotto alquanto leggero per struttura e peso specifico ma che divertiva proprio per la sua spudorata evanescenza.
Con il secondo episodio il meccanismo non girava più con la stessa naturalezza.. Troppi cerebralismi e finezze estetiche, pur molto apprezzabili specie per gli amanti di Soderbergh, finivano per appesantire una narrazione che appariva più stanca e non in grado di ritrovare e sostenere il ritmo incalzante del film precedente.
L’attesa quindi per il capitolo conclusivo della saga (ma il saluto finale tra Clooney e Pitt lascia presagire una nuova escursione cinematografica della banda) era piuttosto alta e Soderbergh, evidentemente consapevole che qualcosa non aveva funzionato del tutto in Ocean’s Twelve, mostra una parziale volontà di ritornare alle origini del progetto. Le assenze di Julia Roberts e Catherine Zeta-Jones sono ben giustificate da Ellen Barkin, unica convincente presenza femminile, qui nei panni di assistente di Al Pacino (che preferiamo ricordare per ben altre interpretazioni), cattivo di turno. Per il resto, il canovaccio non muta di una virgola: ampio spazio, quindi, ai personaggi, dialoghi sempre sospesi tra il sarcastico e l’assurdo, e i casinò di Las Vegas a fare da sfondo.
Imprescindibile per il successo della pellicola è certamente la presenza del cast al completo. Gli attori ormai si muovono alla perfezione all’interno dei propri personaggi creando quella alchimia che resta la caratteristica principale dell’intera saga. A guidare il gruppo i soliti Clooney e Pitt. Sono loro due a dettare i tempi ed a loro sono riservate le trovate più gustose (vederli entrambi commossi davanti le storie strappalacrime di Oprah Winphrey è uno dei momenti più divertenti del film).
Se da un lato Ocean’s 13, dunque, appare più riuscito del precedente, è a nostro avviso ancora lontano da quella compiutezza, forse banale ma, in ogni caso, presente, che aveva caratterizzato Ocean’s Eleven. Non bastano, infatti, due nuovi sceneggiatori, peraltro in grado di muoversi con disinvoltura tra i tavoli da gioco (Brian Koppelman e David Levien hanno scritto Rounders con Matt Damon e Edward Norton), per ritrovare una freschezza piena ed assolutamente convincente. A volte appare troppo smaccata la voglia di ricalcare il successo del primo episodio lasciando naufragare la narrazione in un pericoloso deficit di originalità. Certe soluzioni, a partire dal piano adottato per svaligiare il casinò, risultano eccessivamente forzate e facilmente intuibili con epiloghi che si svelano a chi osserva ben prima del loro effettivo manifestarsi.
La regia è pienamente in stile Soderbergh, accurata per fotografia (che firma sotto lo pseudonimo di Peter Andrews) e costruzione di ogni singola inquadratura ma anche eccessivamente edonistica, in certi frangenti, per la genetica del film. L’impressione finale è che la saga cerchi nei fasti del passato nuova linfa; operazione che riesce soltanto a metà, garantendo due ore di divertimento in fondo apprezzabile ma senza mai toccare particolari vette. Non ci resta, quindi, che aspettare Ocean’s Fourteen sperando in maggiore brillantezza o perlomeno in qualche novità.
(Ocean’s Thirteen) Regia: Steven Soderbergh; soggetto: Gorge Clayton Johnson, Jack Golden Russell, Brian Koppelman, David Levien; sceneggiatura: Brian Koppelman, David Levien; fotografia: Steven Soderbergh (Peter Andrews); montaggio: Stephen Mirrione; musica: David Holmes; interpreti: George Clooney (Danny Ocean), Brad Pitt (Rusty Ryan), Matt Damon (Linus Caldwell), Andy Garcia (Terry Benedict), Elliot Gould (Reuben Tishkoff), Al Pacino (Willy Bank), Ellen Barkin (Abigail Sponder), Don Cheadle (Basher Tarr); produzione: Warner Bros, Village Picture, Jerry Weintraub, Section Eight; distribuzione: Warner Bros.; origine: USA; durata: ‘122; sito ufficiale