L’età barbarica
Quando l’incontro quotidiano con la realtà riserva spesso più amarezze e delusioni che altro, allora il sognare ad occhi aperti può costituire un’ottima via di fuga. Dalle miserie del vivere comune ci si può ritrovare, così, ad essere un importante scrittore conteso dalla stampa, un inguaribile seduttore, un politico acclamato alla guida dello stato e via dicendo.
Lo sa molto bene Jean Marc, protagonista de L’Age des Tenebres, scelto per chiudere il Festival, di Denys Arcand, già autore de Le Invasioni Barbariche e Il Declino dell’Impero Americano, che prosegue, tra cinico sarcasmo e qualche inflessione intimista, il suo interessante affresco della civiltà contemporanea.
Questa sua ultima pellicola ha in sé i germi della sua poetica; il divertimento è generato dalla continua e lucida analisi della società odierna, dalla messa in scena di aspirazioni borghesi che evaporano ogni mattina al suono della sveglia, da rapporti interpersonali che raramente sfociano nell’intimità, lasciando l’uomo da solo in mezzo ad un tutto popolato da mille volti sempre più estranei.
La bravura di Arcand si cela nel non permettere mai ai suoi film di farsi prendere da vagheggiamenti moralistici o di simile specie ma, piuttosto, nel mascherare il pur presente atto d’accusa e di critica all’interno di una storia ben strutturata e ben raccontata e che possiede una sua dignità narrativa. È l’occhio attento riservato ai personaggi il segreto di una pellicola che, come è consuetudine nei lavori del regista canadese, offre diversi spunti di riflessione ma lo fa senza mai annoiare.
Il protagonista, interpretato da un ottimo Marc Labreche, è uomo comune ormai stanco di una mediocrità che pervade tutti gli angoli delle sue giornate; dal lavoro, alienante e ripetitivo, agli affetti, distanti e distratti. Il suo cercare riparo in una realtà alternativa, dove ogni attimo è bagnato da una gloria piena e palpabile, genera una immediata simpatia oltre che, è inutile negarlo, una qualche forma di immedesimazione.
Il film si muove, dunque, tra il grottesco, il comico, la tragedia ed il melò vero e proprio, con storie d’amore che se pur inventate possiedono una consistenza alquanto profonda. Il regista, che ad alcuni appare a volte troppo pedante, riesce bene a dimenarsi tra i generi con una regia attenta a non discostarsi mai da un realismo necessario quando verità ed immaginazione alternano la loro presenza senza soluzione di continuità. Giusto l’epilogo, necessario ma leggermente scontato, perde forse un po’ la freschezza della parte iniziale e centrale del film, ma inficia ben poco il giudizio, largamente positivo, sulla pellicola.
(L’Age des Tenebres); Regia, soggetto e sceneggiatura: Denys Arcand; fotografia: Guy Dufaux; montaggio: Isabelle Dedieu; suono: Paul Lainè, Diane Boucher, Cyril Holtz, Philippe Amouroux; interpreti: Marc Labreche (Jean Marc Leblanc), Diane Kruger (Veronica Star), Sylvie Leonard (Sylvie Cormier Leblanc)); produzione: Cinemaginaire Inc; distribuzione: Bim; origine: Austria; durata: 115’