Cannes 2007: The Man From London - Concorso
Chiunque abbia letto Georges Simenon, creatore del Commissario Maigret, reca ben impresse nella mente le atmosfere che la sua penna riesce a creare, i suoi tempi narrativi, la galleria di personaggi che popolano i suoi libri.
The Man From London è un testo cupo, tutto racchiuso nel grigiore di una nebbia che tutto copre con il suo abbraccio. Bela Tar, superati i problemi (la morte del produttore Humbert Balsan) che avevano portato alla sospensione delle riprese nel 2005, porta in concorso il suo adattamento del romanzo, girato in un accattivante bianco e nero, con uno stile del tutto improntato alla staticità più assoluta.
Sin dall’inizio, lunghissimi piano-sequenza seguono come occhi impietosi azioni e personaggi, per poi risolversi nell’immobilità di un dettaglio che vede dilatarsi enormemente il suo ruolo sullo schermo, in modo non sempre del tutto giustificato. The Man From London è un film che la definire ’ostico’ rende solamente in parte una narrazione il cui incedere è appena percettibile.
Pur riconoscendo la bellezza di una soluzione registica come il piano-sequenza, sempre affascinante, va detto che una pellicola deve anche sapere mostrare altre qualità. Sbagliato sarebbe accontentarsi di un compiacimento visivo non accompagnato da una compiutezza che include anche narrazione e struttura. Bela Tar raccoglie l’invito insito nelle parole di Simenon a raccontare l’ineluttabilità e la drammaticità dell’essere umano nel confrontarsi con un destino che nessuna azione pare poter modificare. La scelta, quindi, di portare il ritmo della narrazione ad un livello bassissimo è celata dalla volontà di suggerire, attraverso la quasi totale assenza di movimenti di macchina, quella sospensione a metà tra realtà ed illusione in cui giacciono i suoi personaggi nel confronto insormontabile con la propria fine.
C’è, e si avverte tra le pieghe del film, il racconto di un continuo anelare verso una via di libertà e di giustizia, verso una rivalsa che prima appare possibile, ma che poi torna a naufragare. Noi spettatori siamo da subito messi a conoscenza delle colpe e delle virtù di ogni singolo personaggio; altro implicito suggerimento del regista a concentrarsi su quello che la pellicola non mostra, ma incessantemente evoca.
The Man From London chiede un costante aiuto a chi lo guarda, chiede di essere tollerato ed interiorizzato per esplicare pienamente ciò di cui è costruito. Non c’è un giudizio applicabile, ma solo la necessità, probabilmente, di una seconda visione, inevitabilmente più consapevole. È un film che si può ammirare, ma assai difficile da amare.
(The Man From London); Regia: Bela Tar; soggetto: Tratto dal racconto omonimo di George Simenon; sceneggiatura: Laszlo Krasnhorkai, Bela Tar; fotografia: Fred Kellemen; montaggio: Agnes Hranitzky; musica: Mihaly Vig; interpreti: Miroslav Krobot, Tilda Swinton, Janos Derzsi; produzione: T.T. Filmmuhely, 13 production, Cinema Soleil; distribuzione: Shellac; origine: Francia, Ungheria, Inghilterra, Germania; durata: 132’