Cannes 2007: La question Humaine - Quinzaine des Realisateurs
L’Olocausto è un argomento ormai purtroppo abusato dal cinema contemporaneo, che ci ha offerto sia rappresentazioni realistiche della tragedia che analisi a posteriori.
La Question Humaine è un film che arriva lentamente a trattare questa tematica e lo fa in modo piuttosto pretenzioso senza raggiungere in pieno l’obiettivo, cioè quello di lavorare con emozione sulla memoria partendo da una storia borghese dei giorni nostri.
La sceneggiatura di Elisabeth Perceval mette troppa carne al fuoco. Inizialmente cerca di entrare nelle psicologie dei personaggi, di soffermarsi sulle loro parole e sui loro atteggiamenti a tratti indecifrabili; racconta i loro rapporti, il loro lavoro, i loro amori. La prima parte è incentrata soprattutto sulla figura di Simon, psicologo di una multinazionale, chiamato ad analizzare uno dei vecchi dirigenti della società forse malato ormai da tempo.
Il racconto, però, dopo essersi trascinato attraverso il succedersi di lunghi dialoghi tra i due personaggi, vorrebbe improvvisamente entrare nell’argomento della memoria non mettendo da parte lo spunto narrativo iniziale, anzi, lasciandolo contemporanemante in primo piano. L’opera in questo modo appare allo spettatore come spaccata in due capitoli tematicamente lontani, e né lo script né la regia piatta di Klotz riescono ad unire emotivamente le parti.
La conclusione del racconto, inoltre, disvela sì i segreti necessari per comprendere meglio le psicologie di alcuni personaggi volutamente poco chiare nella prima parte, ma al contempo non arriva, come invece vorrebbe, nel cuore delle loro emozioni.
Il problema del film sta principalmente nel tentativo di raccontare un giallo psicologico, giocando a tratti con l’ironia, a tratti col tono drammatico, senza ottenere un risultato omogeneo, anzi, lasciando ogni sequenza a se stessa e affidandosi solo alla bravura degli attori. Essi, però, devono comunque sottostare ad una sceneggiatura che offre solo raramente dei dialoghi interessanti e che rimane il più delle volte nel già visto e nella banalità.
Il racconto di La Question Humaine è portato avanti da un incedere narrativo zoppicante, che aggiunge continuamente nuovi elementi senza dare esaustive spiegazioni. Il risultato finale è un film estremamente complesso che non riesce, tuttavia, ad arrivare al succo delle difficili tematiche trattate. La regia risulta confusionaria e non riesce mai a tenere in mano l’evoluzione narrativa.
Unico spunto interessante, il finale. 3 minuti di schermo interamente nero con la voce fuori campo del protagonista che rievoca racconti sull’Olocausto. Troppo tardi, però, per salvare il film.
(La Question Humaine) Regia: Nicolas Klotz; sceneggiatura: Elisabeth Perceval; fotografia: Josèe Deshaies; montaggio: Rose-Marie Lausson; musica: Syd Matters; interpreti: Mathieu Amalric (Simon), Michael Lonsdale (Mathias Just), Jean-Pierre Kalfon (Karl Rose), Lou Castel (Arie Neuman); produzione: Sophie Dulac Productions; origine: Francia; durata: 143’.