Conferenza stampa: Once upon a time in Mexico
Brevissima la conferenza stampa per il film Once upon a time in Mexico per via di una serie di problemi organizzativi e di ritardi di aerei e coincidenze. Il regista Robert Rodriguez, presente al Lido oltre che per il film in questione anche per la proiezione speciale dell’ultimo capitolo della sua fortunata serie per ragazzi Spy kids, si è presentato in sala calcando un consueto cappellaccio da cowboy con la baldanza di un ragazzino che è riuscito finalmente in tutto quello che aveva sempre desiderato: fare film. Ma questa volta, per la sua ultima pellicola, non riesce a tradire un certo orgoglio nazionalistico, una componente nuova, questa, solo apparentemente in contraddizione con lo spirito assolutamente all american dei suoi film. “Nel realizzare questo film ho inteso parlare di cose forti e importanti come la Libertà. Valori universali che, però, sono calati nella realtà del Messico contemporaneo che è una realtà che non viene molto trattata all’interno del cinema americano. Certo ci sono molte pellicole ambientate in Messico, ma nessuna di queste parla davvero del Messico e dei suoi problemi. Ho voluto, quindi, affronatre questo tema con i caratteri propri del mio cinema”. Apparentemente una contraddizione, questa, visto che il suo cinema è poco propenso a legarsi ad una visione realistica del Mondo. Non parliamo, poi, di politica. “Essenzialmente il mio stile deriva dal mio background come cartoonist. Il mio stile deriva tutto da lì. Non potrei mai realizzare un film realista. Certo mi piace vedere film realistici, ma non sarei mai capace di realizzarne uno per mio conto”. E non si può certo dire che le molte sequenze di sparatorie, presenti in questa sua ultima fatica, aspirino ad un realismo della messa in scena. Può, quindi apparire sorprendente che i suoi film riescano a passare indenni tra le meglie di una censura, come quella statunitense che, specie dopo l’11 settembre sembra rigiutare scene di violenza troppo gratuite e forti. Ma a ben guardare le cose non stanno esattamente così: “Non ho mai avuto problemi con la censura statunitense. Credo che la cosa derivi dal tono particolare delle mie pellicole. I miei film sono a tal punto ’over the top’, a tal punto esagerati che la violenza stessa perde le sue connotazioni e diventa qualcosa d’altro. Ho recentemente viston l’ultimo film di Tarantino, Kill Bill, per esempio, che ha un tono diverso da quello dominante nelle mie pellicole. Tarantino incontra, per questo, problemi di varia natura. Credo che tutto il problema sia nel tono e nello spirito con cui viene realizzato un film”. E lo spirito della sua ultima opera trova una sua conferma nell’uso quasi geniale della musica in un rapporto immagine-suono davvero inusuale. “Come autore delle musiche del film penso che sia indispensabile catturare, attraverso la musica, il senso di un personaggio. Spesso mentre scrivo o mentre dirigo una scena comincio già ad immaginare quello che dovrà essere il tema fondamentale di quella situazione o di quel personaggio. Bastano anche solo sette o otto note per il resto bisogna aspettare il montaggio”. Il suo sogno Rodriguez l’ha realizzato. Con pochi soldi ha messo le mani su un giocattolo che qualunque ragazzino gli invidierebbe. E con quello si avvia a realizzare chissà quanti altri giochi per gli occhi.
[agosto 2003]