Crawl
L’opera prima di Hervé Lasgouttes, che approda al lungometraggio dopo diversi corti incentrati su ambienti operai o piccolo borghesi, mantiene una preziosa coerenza di sguardo che ascrive subito questo regista classe 1963 alla categoria degli autori, con un universo tematico e uno stile per certi versi forse ancora troppo derivativi ma di certo apprezzabili. Soprattutto per la capacità di infondere alla tradizione francese il passo, il ritmo pigro e dolente di certo cinema indipendente americano, che appare il tratto più interessante di Crawl, una storia di gente bloccata sulla terraferma i cui desideri viaggiano dentro le bracciate che solcano l’acqua ghiacciata della Manica, sognando il Messico e un altrove destinato a rimanere oltre la linea dell’orizzonte e dell’inquadratura.
E se il confronto con lo splendido Welcome di Philippe Lioret, che già utilizzava la metafora del nuoto per un intenso e trattenuto racconto di amicizia virile, sembra sempre in agguato, è ammirevole il lavoro di Lasgouttes sui luoghi raggelati di una Bretagna invernale dipinta con non-colori così come quello radicale sul suono ambientale, che rifiuta le talvolta facili concessioni emotive della musica extradiegetica per un approccio rigoroso, documentaristico verrebbe da dire, al proprio materiale.
Quello di Lasgouttes è in effetti un cinema che non sembra rincorrere il pubblico, non tenta di compiacerlo, dimostrando quindi un piglio deciso per un esordio, rivelandosi profondamente autoriale e autarchico. Tanto che forse, se un difetto si può rimproverare al film, è proprio quello di rimanere un passo indietro rispetto ai suoi personaggi, alle loro crisi, di auscultare questa realtà con uno sguardo che per paura di concedere troppo e impigliarsi in quelle storie, su quelle facce, risulta alla fine eccessivamente freddo e distaccato. Ma i corpi nervosi (impazienti, avrebbe detto in altri tempi Xavier Giannoli) dei giovani protagonisti Nina Meurisse e Swann Arlaud riescono a colmare almeno in parte questa distanza e nel loro dialogo puramente fisico, di amore e di lotta, raccontano quello che la macchina da presa, sottilmente, tace.
Regia: Hervé Lasgouttes ; sceneggiatura: Loïc Delafoulhouze, Hervé Lasgouttes; fotografia: Emmanuelle Le Fur; montaggio: Laurence Bawedin; interpreti: Anne Marivin, Nina Meurisse, Swann Arlaud, Gilles Cohen; produzione: Sensito Film e Neon Productions; origine: Francia, 2012; durata: 82’;