X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



El Año del Tigre

Pubblicato il 1 luglio 2013 da Giammario Di Risio

VOTO:

El Año del Tigre

Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro (Mt 12,32)

Manuel non è stato perdonato dagli uomini e sconta, in un carcere affollato e sporco, la sua pena. Un terremoto gli dà la possibilità di salvarsi ma lì fuori, tra devastazione e rigagnoli di fiume, scopre che l’amata moglie e la piccola Tatianita non ci sono più. Vaga senza una meta in un mondo che palesa, innanzi ai suoi occhi profondi, la propria apocalisse. La trasfigurazione di una mansueta e splendida tigre gli concede una speranza, ma quella bellezza presto scomparirà sotto i colpi, al costato, di un’umanità impotente e disperata.

Un personaggio che si distacca da tutto e si tiene pronto alla resa dei conti finale. Lo spazio ospita carcasse di animali e case crollate, dove la puzza di morte ha imposto il suo dominio su poltrone impolverate e muri distrutti. Lo splendore della tigre diventa lo spirito che può ancora tenere unite le cose ma è tutto fragile, come i pezzi di fango divenuti argilla. La tierra di Canaan è lontana e il castigo è l’unica cosa che resta da vivere a Manuel, dietro quelle sbarre pronte nuovamente a sterilizzarlo.

Un’estetica secca e una macchina da presa che sta addosso al personaggio. Lelio indugia sul tema cristologico, con una figura che cammina sulle acque, anche se non c’è posto per una simbologia di fede, viceversa tutto è perduto. Lo tsunami si riflette nei primi piani, dettagli che il regista ci sbatte in faccia, con la sua poetica che non si nutre mai di filtri. Sacro e profano giocano la loro partita e hanno come centro propulsivo il volto di Manuel, che sembra come interrogarsi di continuo con i suoi occhi grandi e la voce rauca.

Il terzo film di Sebastián Lelio torna, in termini di linguaggio, a debordare come in La Sagrada Familia e questa volta l’invettiva contro l’uomo moderno, impotente e solo come un manichino, e il sistema di potere religioso, che non riesce più a dare speranze, si mostra in tutta la sua violenza. Gli elementi cosmici significano il tema del castigo e della colpa per un film bello che sembrerebbe puntare allo stomaco, ma che invece diventa energica riflessione ,di testa, sul nostro contemporaneo.


CAST & CREDITS

(El Año del Tigre); Regia: Sebastián Lelio; sceneggiatura: Gonzalo Maza; fotografia: Miguel Ioan Littin; montaggio:Sebastián Sepulveda, Sebastián Lelio; musica: Marco Lopez; interpreti: Luis Dubó, Sergio Hernández, Viviana Herrera produzione: Fabula; origine: Cile, 2011; durata: 82’


Enregistrer au format PDF