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FESTA DEL CINEMA DI ROMA - JUST LIKE THE SON

Pubblicato il 17 ottobre 2006 da Antonio Valerio Spera


FESTA DEL CINEMA DI ROMA - JUST LIKE THE SON

Non sempre è facile costruire in modo solido un road movie. Questo genere ha bisogno di una certa maturità registica perché possa offrire pellicole ben strutturate, soprattutto quando oltre al viaggio in sé si vogliono raccontare dei sentimenti e le evoluzioni di certi rapporti interpersonali. E’ vero, ci sono stati episodi in cui giovani registi hanno dato vita a road movie indimenticabili, su tutti Sugarland Express - ma per questo film parliamo di un regista che in seguito sarebbe diventato uno degli autori più importanti del panorama cinematografico mondiale. Il genere del road movie implica dei personaggi ben caratterizzati, la capacità di dare loro la forza necessaria per essere il fulcro del racconto e di inserirli nell’elemento narrativo viaggio, sapendo giostrare ed organizzare in maniera equilibrata la loro evoluzione emotiva con lo spostamento di luogo in luogo.
Just Like The Son rientra in questo genere sebbene solo la seconda parte sia incentrata narrativamente sul viaggio. E’ in essa che il protagonista si mostra per quello che è, che scopre se stesso. Può sembrare banale parlare di viaggio come metafora, di viaggio fisico come viaggio interiore, ma è questa, forse, l’ultima vera essenza del road movie ed è questo che vuole esprimere il regista Morgan J. Freeman (da non confondere con il quasi omonimo attore afroamericano).
Il giovane cineasta, come detto, non struttura il testo filmico sin dall’inizio sul viaggio. Nella prima parte, ci presenta quelli che saranno i protagonisti della vicenda, lasciandoci però molti dubbi sulle loro storie personali. Freeman si sofferma soprattutto sui caratteri dei due personaggi e sullo strano caso che li ha portati ad abbinarsi. Da una parte Daniel, ventenne ladruncolo dai molti precedenti penali che deve svolgere servizio sociale in una scuola elementare; dall’altra Boone, bambino di colore con problemi familiari, studente proprio nella scuola dove lavora il ragazzo. Freeman mette insieme quindi una coppia in cui l’ingenuità del bambino e la “colpa” del ragazzo si scontrano ma si completano allo stesso tempo.
Il loro viaggio, verso il Texas prima e la Florida poi, comincia quando Daniel “scippa” il piccolo ai servizi sociali per portarlo dalla sorella maggiore. Il rapporto che si instaura tra i due, e che si va rafforzando col passare del tempo, ottiene la solidità di una relazione padre-figlio: Boone vede in Daniel un padre che non ha mai avuto, mentre il giovane ventenne trova nell’affetto instauratosi col bambino la possibilità per una volta di prendersi le proprie responsabilità agendo per qualcun altro che non sia stesso.
La sceneggiatura di Freeman è un testo leggero che sa abbinare l’ironia e il dramma. Il ritmo del racconto è veloce, il tono è brillante. Forse alcune scelte narrative possono risultare scontate, ma il regista non è mai melenso nel trattare in profondo i sentimenti, rende verosimili i personaggi e si fa apprezzare per aver optato per un finale che non lascia spazio alle lacrime.
Just Like The Son è l’ennesimo buon film presentato nel concorso di “Alice nella Città”. Di certo, per molti aspetti, fa parte di quel gruppo (ormai quasi la totalità) di pellicole che rientrano nella categoria del “già visto”. Ma la simpatia dei personaggi e il fatto che gli attori siano perfettamente in parte aggiungono vivacità alla narrazione. E sebbene Mark Webber sia molto convincente nel ruolo del ragazzo che si improvvisa papà, a dominare la scena è il piccolo Antonio Ortiz, che sprigiona energia ad ogni sua mossa e ad ogni sua smorfia.

(Just Like The Son) Regia: Morgan J. Freeman; soggetto e sceneggiatura: Morgan J. Freeman; interpreti: Mark Webber (Daniel Carter), Antonio Ortiz (Boone), Brendan Sexton III (Grant Bills), Rosie Perez (Signora Ponders), Dylan Blue (Chris), Eva Kaminsky (Signora Brown), Bruce Macvittie (Bill Carter), Adrian Martinez (Glen Garcia); fotografia: Yaron Orbach; montaggio: Slogane Klevin; musica: Dean & Britta; produzione: Space Time Films, LaSalleHolland Productions; origine: USA; durata: 86’


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