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GIARDINI IN AUTUNNO

Pubblicato il 25 ottobre 2006 da Carlo Dutto


GIARDINI IN AUTUNNO

Parafrasando la celebre frase, il potere logora chi ce l’ha. Questo il pensiero fisso che attanaglia all’uscita della visione dell’ultimo lavoro del regista georgiano Otar Iosseliani, da tempo residente in terra francese e autore di pellicole che trovano il loro punctum nel rapporto tra l’uomo e la società soffocante e frustrante che lo circonda. Il ministro parigino (dell’agricoltura e della caccia?) Vincent vive tra incontri di Stato, inaugurazioni di allevamenti di mucche, collaborazioni e accordi agricoli con le ex colonie africane, si barcamena tra scatoloni di documenti e improbabili quadri di cinghiali e bovini vari, pronti per il nuovo, sontuoso ufficio. Vincent condivide la quotidianità con una moglie che non ama, stupidamente frivola e spendacciona, arredatrice ultra-kitch della domenica. Una vita dall’altissimo tenore economico, che verrà squassato il giorno delle dimissioni forzate dal ministero. Vincent si troverà senza potere, senza il bastone del comando, lascerà la stanza dei bottoni e i collaboratori passati senza indugio dalle parti dell’homo novus. Smessi letteralmente gli stretti panni dell’uomo politico amministratore della res publica, potrà finalmente iniziare una seconda vita a cinquant’anni, paradossalmente nel momento del declino, come un giardino che fiorisse nella stagione autunnale. Una rinascita che coincide con l’amicizia dell’amico giardiniere, con preti ortodossi beoni e scatenati, con il ritorno al letto e all’affetto delle varie amanti da tempo dimenticate, condendo con l’esplosione della vena creativa musicale da troppo sopita dietro protocolli e cene di lavoro. Il tutto ben bagnato da ottimi e abbondanti bevute di vino rosso, nel bistrot di un amico, sotto un ponte con i sans papiers, nella stanzetta della sua casa, distillando grappa e suonando il pianoforte.

Uno spirito anarchico ha ispirato Iosseliani per scrivere, dirigere e interpretare (il giardiniere-filosofo con il bicchiere di vino perennemente in mano) un film che trasuda freschezza, vitalità e anticonformismo da ogni inquadratura. Un film da vedere e rivedere, girato con la freschezza di un esordiente e il mestiere di un abile demiurgo, ben coadiuvato da attori in stato di grazia, in massima parte amici. A partire dal protagonista Séverin Blanchet, strepitoso nel disegnare la figura di un uomo che trova la propria dimensione di essere umano nel momento di fallimento delle certezze borghesi e conformate. Si ride e spesso, grazie alla presenza di un mostro sacro come Michel Piccoli, che in una parte da pura commedia dell’arte, interpreta con la grazia dei grandi l’anziana madre di Vincent, creando uno sconquasso brechtiano che aumenta il senso straniante e senza briglie della pellicola. Un intreccio spiazzante che il regista controlla con precisione analitica, ponendo l’accento su piccoli gesti eclatanti dei suoi personaggi, soppesando parole e sguardi, silenzi e pause. Piccoli oggetti, temi e tic che ritornano in varie situazioni, dalla sigaretta accesa all’inizio di ogni incontro, ai due italiani venditori di pellicce false. Il sapiente uso di lunghi e ‘invisibili’ piani sequenza, studiati e preparati con precisi storyboards, permettono di sognare l’immedesimazione con Vincent e la sua allegra brigata, uscendo dalla sala quasi convinti che un mondo di ‘gentili’ è possibile. Anche con l’aiuto di un buon rosso, una chitarra e qualche amico ubriaco.

(Jardins en automne); Regia e sceneggiatura: Otar Iosseliani; fotografia: William Lubtchansky; montaggio: Otar Iosseliani, Ewa Lenkiewicz; musica: Nicolas Zourabichvili; interpreti: Séverin Blanchet (Vincent), Michel Piccoli (madre di Vincent), Otar Iosseliani (l’amico giardiniere), Muriel Motte (amante), Pascal Vincent (nuovo Ministro), Lily Lavina (amante rossa), Mathias Jung (il calvo); produzione: Cinemaundici, Pierre Grise Prod., Cinema without Frontiers; distribuzione: Mikado; origine: Francia, Italia, Russia, 2006; durata: 121 min; web info: sito Mikado


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