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FESTA DEL CINEMA DI ROMA - KINSHASA PALACE

Pubblicato il 23 ottobre 2006 da Marco Di Cesare


FESTA DEL CINEMA DI ROMA - KINSHASA PALACE

Zeka Laplaine, natio della Repubblica Democratica del Congo, ha realizzato un racconto in prima persona e un’opera figlia di un ormai molto diffuso incrocio tra documentario e racconto finzionale, che cerca di lavorare sul percorso intrapreso dal protagonista sulle tracce di un mistero e sul suo disvelamento.
Un uomo ha abbandonato suo figlio in una stazione ferroviaria ed è scomparso; la sua famiglia, nata dall’unione di un bianco con una donna congolese, è più confusa che allarmata. Suo fratello si metterà sulle sue tracce: almeno inizialmente sarà riluttante nell’intraprendere una ricerca che, nel suo peregrinare, lo condurrà in giro per il mondo, tra il Congo, Lisbona e la Cambogia, ma senza condurlo ad alcunché. Cìò che rimarrà, saranno le “interviste” grazie alle quali il narratore riscoprirà i suoi famigliari.
Forse il termine disvelare non è probabilmente il più adatto a caratterizzare questo film, perché sottintenderebbe una rivelazione e una spiegazione, con il conseguente raggiungimento di un risultato. E una qualsiasi meta definitiva non è di certo l’interesse precipuo di Laplaine, che sembra preferire maggiormente il concretizzarsi di un destino, quello dei milioni di migranti che si allontanano dalla terra della loro nascita, e vagano continuamente, senza meta appunto, per tentare un difficile ritorno alle proprie origini. Tale sradicamento viene rappresentato dallo scorrere di immagini del passato: l’indipendenza rivelatasi poi transizione verso una ennesima dittatura, la catarsi di Lumumba e la follia populista di Mobutu culminata nell’incontro Alì-Foreman, Léopoldville che cambia in Kinshasa, il Congo Belga in Zaire e, in un percorso senza fine, in una cosiddetta Repubblica Democratica.
E proprio le brevi e quasi estemporanee immagini filmate da altri e cariche di Storia, sanno donare maggiore respiro a un documentario che non sa essere anche testimonianza e scoperta di vite vissute nel nostro presente, in un solipsistico e anche intellettualistico approccio che risulta essere una inutile e irritante estremizzazione della tipica via europea all’arte del documentario (giova a questo punto ricordare che Laplaine ha studiato recitazione e sceneggiatura a Bruxelles): divagazioni continue, lunghi piani sequenza, feticistica osservazione di persone, natura e oggetti, in una ricerca della poesia più facile che dovrebbe coprire l’estrema povertà dei mezzi utilizzati, ma che comunque mai ha saputo appassionarci.

(Kinshasa Palace) Regia, soggetto e sceneggiatura: Zeka Laplaine; fotografia: Octávio Espírito Santo; montaggio: Agnes Contensou; musica: Gilles Fournier; interpreti: Zezé Motta, Iris Laplaine, Gaspard Laplaine, Ambre Laplaine, Zeka Laplaine; produzione: Les Histoires Weba e Bakia Films; distribuzione: Les Histoires Weba; origine: Francia e Congo 2006; durata: 75’.


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