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FESTA DEL CINEMA DI ROMA - MARIO MONICELLI INCONTRA IL PUBBLICO - 20/10/06

Pubblicato il 22 ottobre 2006 da Marco Di Cesare


FESTA DEL CINEMA DI ROMA - MARIO MONICELLI INCONTRA IL PUBBLICO - 20/10/06

E’ stato presentato, nella sezione Extra, Muoiono soltanto gli..., mediometraggio di Giovanni Veronesi e dell’inviata del Tg3 Margherita Ferrandino, una molto informale intervista a Mario Monicelli, raggiunto in Tunisia sul set del suo ultimo film, Le rose del deserto.
Di seguito alla proiezione del film, il Maestro incontra il pubblico del Festival, accompagnato dall’amico Veronesi, dalla Ferrandino e da Alessandro Haber, attore in Le rose del deserto.

Quasi sempre i backstage sono un atto d’amore per il cinema e si è visto come piacciano al pubblico (basti pensare ai dvd). Nessuno di voi due (rivolgendosi a Monicelli e Veronesi, ndr) aveva esperienza di un "dietro le quinte": è stato realizzato per mostrare amore e rispetto verso Monicelli?

Monicelli: Veronesi lo ha detto, lo ha fatto perché pago io!
Veronesi: basta avere un mito nella vita; vorrei essere come lui perché ha avuto tutto dalla vita (soldi, donne, salute).
Monicelli: questo è un ritrattino molto piacevole, ma tutto dipende dall’intervistatore, è sempre la manipolazione che rende gradevole un prodotto.

L’intervista si svolge in una barbieria coloniale?

Ver: lui mi ha detto di andare da un barbiere, perché è un posto dove si parla.
Ferrandini: eravamo in Tunisia. Un giornalista è sempre rispettoso: è un atteggiamento diverso da quello del tuo amico Veronesi, per cui ho scelto di farmi accompagnare da lui.
Mon: si parla di tutto, poco di lavoro, perché chi sa fare bene il proprio lavoro non ne parla mai; tutti quelli che ne parlano sempre sono noiosi e pericolosissimi per gli altri.

Lei non sembra mai un nostalgico.

Mon: non rimpiango mai nulla, perché sto bene anche ora: ero soddisfatto a trent’anni e lo sono anche a novanta; mai tante persone sarebbero potute venire a un incontro con me quando avevo trenta anni. Ma che cosa applaudite...?!

Nel cinema italiano è difficile trovare solidarietà tra registi, anche della stessa generazione. Come è nata la vostra amicizia?

Mon: non lo so mica!
Ver: volevo conoscere Monicelli, mi sembra che eravamo a casa di Haber; lui è stato molto simpatico con me, mentre io mi ero preparato a rispondere per le rime al suo “brutto carattere”.
Haber: sul set è pessimo. Negli ultimi tempi era molto arrabbiato, perché erano due anni che aspettava per poter fare Le rose nel deserto.
Ti arricchisce di tante storie, è una pellicola vivente, ed è una persona straordinaria.

Lei sembra rigorosamente antintellettuale, ma poi cita come registi preferiti Huston e Antonioni.

Mon: mi piace andare a vedere e capire il cinema che non so fare, quello che fa Vanzine lo so fare anche io; ho visto tante commedie quando dovevo imparare, ora sarebbe una perdita di tempo.

Quando ha cominciato nel cinema, lei sapeva già che sarebbe diventato un regista di commedie?

Ho cominciato ai tempi del muto, nel 1920, quando avevo cinque anni e non sapevo neanche se sarei diventato regista. Ma ero talmente attratto dal motion picture che già sapevo che volevo fare cinema: non l’attore, però, perché non li sopporto...!
Mi piace il cinema degli anni ’20 e ’30, perché il sonoro ha portato la corruzione nel cinema: parole su parole e sviolinate per tamponare scene mal girate.

Nel documentario Muoiono soltanto gli... vi è un approccio non cinefilo: la tocca il fatto che ci sia qualcuno con questa passione per lei?

Mi piace e mi meraviglia. Sandro sa come si fa il cinema: che viene cercando da me? E’ che da me trova una spalla e questo a lui fa comodo.

Ho ancora più apprezzato la persona Monicelli. Un consiglio secco e cinico su come farsi rispettare per chi volesse entrare in questo ambiente.

Se si fa rispettare in un qualsiasi ambiente, sarà così anche nel cinema.
Lei, dica la verità, vuol sapere come si entra nel cinema?
Deve trattare alla stessa maniera chi non la rispetta: o la caccerà via, come probabilmente accadrà (!), o la rispetterà.
Ver: non è così solo per i giovani (ad esempio, si può realizzare un capolavoro a qualsiasi età). A causa delle lobby è difficile entrare e farsi ascoltare.
Ma nella mia breve carriera non ho mai conosciuto persone di talento cui non è stato dato modo di esprimersi.
Mon: lei è un’attrice? Sono sempre gli attori che hanno il complesso di farsi rispettare.
Haber: ho fatto un film su di me, La vita di Antonio H., ho sempre rotto a tutti, ho preso molti vaffanculo, anche da Godard! Bisogna tentare, se non ci si ammazza prima o si cambia mestiere.

Ieri Bellocchio e Bertolucci hanno parlato molto del passato. Lei che cosa pensa del futuro, dei film che passano sui telefonini, su internet, sulla tv?

Mon: vedo poca tv, anzi tutto in generale, perché ci vedo poco! E questo, forse, nel mio mestiere è un pregio. Spesso assistiamo a delle immagini turpi, che non possono essere una spinta per entrare in quel mondo.
All’inizio il cinema era poco esplorato, ed era affascinante. Oggi i giovani vogliono esprimersi solo attraverso il cinema, per cui c’è una forte concorrenza e la battaglia è perduta quasi in partenza. Prima il cinema era un’arte di èlite, mentre oggi le tecnologie permettono l’accesso a tutti: così possiamo vedere cose anche volgari e di nessuna importanza.
Ma almeno il cinema, rispetto alla televisione, e già qualcosa di meglio: si può scegliere, esiste ancora il passaparola.

Una volta Antonioni disse che «Per me fare cinema è vivere»: e per lei?

E’ un divertimento e un piacere nel raccontare.
Se non ci fosse stato il cinema, avremmo fatto qualcosa di diverso: se uno ha qualcosa da dire con urgenza, la dice. E senza il cinema stavamo meglio...

Ma Mario Monicelli cosa vuol fare da grande?

Sempre passare serate come questa.

Per Haber: Qual è la differenza tra recitare con Veronesi e con Monicelli?

Alcuni registi sanno cosa vogliono dall’attore, lo scelgono apposta. Tra loro due non c’è tanta differenza, perché si tratta sempre di persone che conoscono il loro mestiere; la passione ci unisce e si parte insieme per uno splendido viaggio. Poi ci sono i registi stupidi che vogliono sapere le cose dall’attore, mentre è bello farsi condurre.
Mon: gli attori dovrebbero stare zitti, perché suggeriscono sempre delle stupidaggini!


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