Festa del Cinema di Roma - Tierney Gearon: The Mother Project

La Festa del Cinema di Roma ci propone, per la seconda volta, un’opera avente per tema una fotografa. Dopo Fur, poco riuscito ritratto immaginario di Diane Arbus, è ora il turno di Tierney Gearon: The Mother Project, un documentario (presentato nella sezione Extra) che ritrae la nota fotografa americana, ponendo l’accento su un progetto che la Gearon ha realizzato sulla madre, malata di schizofrenia. La distanza tra i due progetti è abissale, non solo perchè Fur è un film di finzione mentre The Mother Project è un documentario, ma soprattutto perchè il lavoro di Jack Youngelson e Peter Sutherland è indubbiamente migliore sotto il profilo psicologico nonchè artistico inerente all’artista trattata rispetto a quello di Steven Shainberg. Fur è un imbroglio, si racconta una storia d’amore, non la storia della Arbus, si mostrano dei freaks, non si lascia intravedere il significato di tutto il lavoro di una vita. Il film sulla Gearon è invece un’analisi profonda, quanto personale di una fotografa, del suo lavoro, dei suoi progetti e della sua vita personale: tra problemi, crisi, gioie e fotografie, i due documentaristi americani realizzano un sorprendente affresco della figura di Tierney Gearon vista attraverso la lente di questo fantomatico Progetto Madre.
La Gearon è una donna energica, talentuosa ma anche piena di dubbi circa il suo ruolo di madre. Ruolo che lei stessa mette in discussione l’indomani di una mostra Londinese presso la Saatchi Gallery, dove vennero esposte alcune sue foto che, in maniera decisamente eccessiva, vennero categorizzate come pedo-pornografia infantile. La legge inglese fortunatamente non ebbe la meglio ed in più la fotografa americana ricavò dal caso non poca pubblicità, il problema si pose in un secondo momento, dopo che fu accusata (tra le altre cose) anche di sfruttare i suoi figli al solo scopo di realizzare le sue fotografie. Fu allora che la Gearon si mise in discussione come madre, decidendo di studiare fotograficamente la sua di madre, al fine di risolvere una situazione di evidente crisi psicologica. Un progetto che durò otto anni e che Jack Youngelson e Peter Sutherland seguirono per quattro, pedinando la Gearon durante le sue giornate ed implicando la famiglia intera nella spiegazione della psicologia Gearoniana. La madre, i figli, il padre, sono ripetutamente chiamati in causa, in delle piccole interviste, che ci mostrano come il lavoro di una fotografa (ma soprattutto di un’artista) venga recepito dall’ambiente a lei circostante.
Un documentario che mescola scene in digitale ed 8mm, alternate agli slideshow delle fotografie della Gearon, il cui stile, poetico e realista, influenza le immagini realizzate dal duo americano, specialmente quelle riprese in 8mm. Forse per questo potrebbe essere definito un docu-llage, ovvero un collage di fotografie e momenti fotografici documentati dall’occhio sempre vigile della videocamera, mai in imbarazzo, neanche di fronte alle situazioni più intime e problematiche di questa famiglia. Uno spaccato personale di una donna e di un progetto che, a detta della Gearon stessa, le permette di difendersi esponendosi così come di curarsi (il fare fotografie è visto come un palliativo) dallo stress, dai dubbi e dalle paure che imperversano nella vita di una donna fortemente in bilico tra il suo ruolo di madre e quello di fotografa, artistica o familiare che sia.
(Tierney Gearon: The Mother Project) Regia: Jack Youngelson, Peter Sutherland; fotografia: Jack Youngelson, Peter Sutherland; montaggio: Ryan Fenson-Hood; musica: Justin Marchacos; produzione: Jordanville Films; distribuzione: Ro*co Films International; origine: USA, 2005; durata: 70’.
