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FESTA DEL CINEMA DI ROMA - Valse Wals

Pubblicato il 21 ottobre 2006 da Nicola Cordone


FESTA DEL CINEMA DI ROMA - Valse Wals

Uno sguardo bizzarro e originale sul rapporto di coppia e sulle evoluzioni (involuzioni) dell’amore nel corso di una vita. Due notti, due sole notti che racchiudono più di quarant’anni di convivenza: il ballo, metafora della passione, è la sintesi visiva del primo incontro in un vecchio saloon, tra tavoli di legno, polvere, clienti impassibili alle calorose performance dei protagonisti e fiumi di alcool travasati da vecchie bottiglie in un tintinnare allegro e compulsivo di bicchieri, caraffe e boccali.
La macchina da presa volteggia leggera, avvolgendo come in un abbraccio i due protagonisti e partecipa, frenetica, alle coreografie tanto artigianali quanto impetuose ed inebrianti della danza sensuale. Una dissolvenza ci introduce in un salotto anonimo e confusamente arredato, che sa di appartamento di provincia: alla dinamicità e alla sfrontatezza dell’incontro nel saloon fa da contraltare una fissità ed una sospensione del tempo, angosciante e nichilista. La cinecamera, piantata sul cavalletto, registra una quotidianità amorfa, ripetitiva, annoiata, traboccante di non sense; una ferreriana alienazione, un vuoto esistenziale che è specchio e riflesso di una realtà decontestualizzata, espressione, a sua volta, di una condizione interiore. Un lento zoom in avanti incornicia gli abbrutiti conviventi fino a dipingere un quadro patetico dai dettagli tristemente drammatici; una malinconica dissolvenza trasforma la coppia nel futuro della loro vecchiaia: appaiono come caricature di se stessi, stralunati, impauriti, ombre dei loro corpi raggrinziti e barcollanti; ma c’è ancora la forza di uscire di casa per inerzia o per un ultimo fioco bagliore di speranza: la metropoli è indifferente, il rombo assordante delle macchine ed i clacson spietati diventano cifra sonora di una modernità cieca ed egoista, il cielo uggioso e il freddo di un inverno inquinato spezzano il respiro dei due anziani dimenticati. I loro tentativi di separazione falliscono miseramente di fronte a un domani che non arriverà mai.
Mark de Cloe affida esclusivamente alle immagini, ai rumori e alla musica di commento, il compito di raccontare una storia moderna in cui l’amore viene vissuto solo egoisticamente e la passione iniziale appare l’unico valido movente per cui valga la pena di intraprendere un rapporto a due. Lo sguardo dell’autore è impregnato dunque di un pessimismo di fondo che culmina nella rassegnazione e nella contemplazione passiva degli eventi in un film che concede poche, labili speranze, ma che si nutre della passione per certo cinema muto del passato: la mimica, le gag, il surrealismo di alcune situazioni fanno pensare alle vecchie comiche, a quei generi che hanno fatto nascere e conoscere il cinema e di cui Valse Walse avverte una encomiabile nostalgia.
Una pièce teatrale di riferimento diventa un’imperdibile occasione di sperimentazione linguistica e così l’apparato sonoro è chiamato a ricoprire importanti funzioni espressive e narrative, ma più in generale è tutta la forma ad esser messa a disposizione dell’originalità del contenuto.
Un film interessante, che merita una segnalazione nella sezione New Cinema Network.

(Valse Wals)Regia: Mark de Cloe; Scenografia: Ria Marks, Titus Tiel Groenestege, Mark de Cloe; Musica: Rainier Henschel; Costumi: Carin Eilers; Produzione: Orkater, Mark van Warmerdam.


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