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Inkheart – La leggenda di Cuore d’Inchiostro

Pubblicato il 20 febbraio 2009 da Marco Di Cesare


Inkheart – La leggenda di Cuore d'Inchiostro

Un’opera che guarda alla sostanza del processo creativo, un film che fa della creazione delle forme il suo contenuto più esplicito, cinema fantastico che fino in fondo tenta di rendere viva la parola ’fantasy’. Perché Inkheart è una riflessione sul rapporto che da sempre esiste tra la parola scritta e il suo potenziale divenire immagine e ’fatto’, da tempo immemore uno dei ’compiti’ del teatro e, poi, ovviamente, anche del cinema. Tratto da un romanzo per ragazzi, il best seller Cuore d’inchiostro della tedesca Cornelia Funke (primo episodio di una fortunata trilogia), il film può ben essere inteso come eclatante dimostrazione delle potenzialità proprie del cinema, come tipicamente accade nel genere fantasy – o, meglio, come questo vorrebbe che sempre accadesse – oltre che dell’assoluta preponderanza della Settima Arte nel dare vita alla parola scritta all’interno della società contemporanea. Tanto che quanto pronunciato dalla stessa Cornelia Funke suona alquanto significativo e procede ben al di là del semplice rispetto verso il lavoro altrui: «Uno scrittore non immagina mai il suo mondo così dettagliatamente. Non avevo idea di come potesse essere il pavimento di Capricorn o di quali foto fossero appese sui muri di Elinor. Ora lo so, quale regalo più grande potrebbe mai ricevere un autore da parte di altri artisti?».

Mortimer ’Mo’ Folchart (Brendan Fraser) è un rilegatore di libri sempre in giro per l’Europa in cerca delle perle più rare: padre della dodicenne Meggie (Eliza Bennett), il suo desiderio più grande però è ritrovare la moglie Resa, scomparsa nove anni prima tra le pagine di un libro fantasy di ambientazione medievale, Inkheart. Il responsabile di quanto accaduto è stato proprio lui o, piuttosto, la sua voce, il cui potere evocativo (peculiarità anche di Meggie) è capace di trascinare nel nostro mondo gli abitanti che popolano i libri, qualità questa che gli è valsa l’appellativo di ’Lingua di Fata’. Il problema, però, è che il posto lasciato vacante dovrà essere occupato da un essere che appartiene al mondo reale. È in questo modo che il malvagio Capricorn (Andy Serkis) ha abbandonato il regno di Inkheart.
Mortimer troverà una rarissima copia del romanzo in un paesino sperduto sulle Alpi. Qui, però, dopo tanto tempo incontrerà anche il misterioso ’Dita di Polvere’ (Paul Bettany). Mo e la figlia allora cercheranno rifugio nella villa della zia Elinor (Helen Mirren), un’accanita collezionista di libri. Però nessuno può sfuggire al proprio destino - che sia o no stato ancora scritto - né tanto meno può scampare agli sgherri di Capricorn, che costringerà Mo a leggere e a dare alla luce solo quello che lui gli ordinerà.

Ciò che più risalta rispetto ad altri mondi fantasy, è il fatto di come grazie alla lettura delle pagine dei libri, elementi del mondo in essi rappresentato riescano a invadere quello reale, creando un ibrido alquanto interessante, in un rendez-vous tra lontane estraneità. Difatti la figura retorica che più volte appare con lieve e intelligente prepotenza è quella della sovrimpressione: attraverso essa l’autore segna e segnala il materializzarsi di un universo che emerge dai caratteri stampati, richiamato dalle parole pronunciate da una voce da sciamano, facendo sì che il nuovo invada il già visto. In questo senso siamo ben lontani da un film come Una notte al museo, per esempio, dove invece il mondo della fantasia doveva essere imprigionato in un luogo chiuso, pena il suo smaterializzarsi nel caso di una fuga che oltrepassasse il regno dei sogni, ovvero la notte. Inoltre in Inkheart il fantasy non è prettamente legato alla realtà, come è piuttosto il caso di Un ponte per Terabithia (qui le recensioni in occasione dell’uscita del film in sala e della pubblicazione del dvd) il quale, però, di certo rappresenta un altro esempio di metacinema che mette in scena il piano reale e quello fantastico.
E Inkheart mostra principalmente il potere di ri-creare mondi: la capacità dello scrittore demiurgo come quella dell’oratore cui lui ha affidato le sue parole, entrambi istanze della narrazione cinematografica, in un sistema di democratiche gerarchie, dove chi ascolta ha il diritto di godere di tanto piacere in uno stato di passiva partecipazione, resa ancora più tale dal non dover sforzare la propria fantasia per vedere un mondo diverso. E lungo il film è fondamentale come si mostri la capacità di ri-creare e ri-scrivere anche i destini di personaggi in cerca d’autore.
Peccato, però, che a tanto amore nutrito nei confronti della parola e dell’immaginazione, il film non accompagni sempre uno sguardo che sappia procedere al di là del suo genere di appartenenza: piuttosto che narrare una storia in particolare, ne narra una come tante, nel mentre preferendo rimirare se stesso in un specchio per meglio sentirsi al centro dell’attenzione. Perché, mentre i concetti più astratti sullo scrivere e sul fare cinema vengono comunque affrontati con un certo piglio, lo stesso non può dirsi di un racconto che non sempre sa coinvolgere a livello emotivo, a causa di certe fasi di stanca legate a una scrittura un po’ puerile quando troppo legata a degli stereotipi. Tanto che anche la stessa Helen Mirren, ad esempio, non riesce a dare molto al suo personaggio, non potendosi sollevarsi oltre certi stilemi caricaturali. Di ciò ne risente anche il potenziale affabulatorio dell’intera pellicola, nonostante gli effetti speciali, comunque degni di essere decantati. Mentre solamente il personaggio di ’Dita di Polvere’ appare ben delineato, anche grazie all’interpretazione di Paul Bettany, forte eppure ricca di chiaroscuri.
Inkheart è un film di certo non disprezzabile, ma purtroppo non è neanche completamente pregevole, poiché si ferma a metà strada tra il racconto personale e la ricerca più sfacciata dell’opera di consumo, non imitando così Mo nel tentativo di sottrarsi alla situazione di cattività tipica dell’artista prigioniero del pubblico.


CAST & CREDITS

(Inkheart); Regia: Iain Softley; sceneggiatura: David Lindsay-Abaire dal romanzo Cuore d’inchiostro di Cornelia Funke; fotografia: Roger Pratt; montaggio: Martin Walsh; musica: Javier Navarrete; interpreti: Brendan Fraser (Mortimer ’Mo’ Folchart), Eliza Bennett (Meggie Folchart), Paul Bettany (Dita di Polvere), Helen Mirren (Elinor Loredan), Sienna Guillory (Resa), Jim Broadbent (Fenoglio), Andy Serkis (Capricorn); produzione: Internationale Filmproduktion Blackbird Dritte e New Line Cinema; distribuzione: Eagle Pictures; origine: U.S.A., Germania e Regno Unito, 2008; durata: 106’; web info: scheda sul sito della Eagle Pictures.


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