Keep Smiling
È un film fieramente femminista Keep Smiling della regista georgiana Rusudan Chkonia, un po’ come il Donne senza uomini di Shirin Neshat presentato in concorso a Venezia 66, ma agli antipodi per modalità di messa in scena e stile di regia: tanto la Neshat si affidava a una ricerca estetica molto piena, nel racconto intrecciato delle sue protagoniste, tanto la Chkonia sceglie la ripresa secca e nervosa di una macchina a mano che segue le partecipanti di un concorso di bellezza riservato a mogli e madri di famiglia, alternando l’indagine reale alla ricostruzione laccata del piccolo schermo.
Le dieci protagoniste si offrono come campione di un paese martoriato nel corpo e nello spirito, ne portano i segni sulle pance e i fianchi logorati dalle gravidanze, e nella nuova parziale ricchezza che avanza, tra fisici plastificati e seni rifatti, a restituire la spaccatura profonda nel tessuto sociale, tra antichi imperativi morali e nuovi costumi modellati sul peggio dell’occidente.
È questa istintiva testimonianza delle lacerazioni politiche ma soprattutto etiche di un paese in trasformazione il dato più rilevante di un’opera che a fronte di un’intensa partecipazione dell’autrice al tema sconta una programmaticità che a volte non dà respiro ai personaggi e al racconto: non appena le miss salgono sul piccolo palco televisivo il loro destino – e così quello del film – è già ineluttabilmente segnato, proprio come il dramma, che esplode nel finale, già ampiamente preparato e annunciato.
Rusudan Chkonia ci mette un gran cuore e anche per questo non si vorrebbe parlar male di Keep Smiling ma la tesi in cui stringe le sue protagoniste è talmente pressante da risultare didascalico in più di un’occasione. E anzi, a tratti, finisce per comportarsi come il mondo che vorrebbe denunciare e con cui inveisce con così tanta irruenza da non rendersi conto di averne assimilati certi meccanismi. Ma c’è così tanta differenza tra la falsa indagine televisiva del reality, che scava pruriginosa nelle loro vite, e la scelta cinematografica di un suicidio catartico?
Regia e sceneggiatura: Rusudan Chkonia; fotografia: Konsantine Esadze; montaggio: Jean-Pierre Bloc, Rusudan Chkonia, Levan Kukhasvili; musica: Paata Godziashvili; interpreti: Olga Legrand, Tamar Bziava, Iamze Sukhitashvili; origine: Georgia/Francia, 2012; durata: (esempio) 95’