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Kinshasa Kids

Pubblicato il 7 settembre 2012 da Fabiana Proietti

VOTO:

Kinshasa Kids

Kinshasa Kids offre un simmetrico controcampo all’idea di cinema espressa nel georgiano Keep Smiling: due film nella stessa categoria, entrambi aderenti a realtà sociali travagliate eppure dagli esiti opposti, che rendono in qualche modo conto di quanto l’approccio alla realtà possa incidere sulla ricostruzione o la resa di quella porzione di mondo che la macchina da presa seleziona. E se il film di Rusudan Chkonia soffriva di una rigida e predeterminata griglia interpretativa, esaurendosi tutto in una tesi da dimostrare, Kinshasa Kids trasuda invece un’incredibile vitalità nella posizione ricettiva che adotta rispetto a questi ragazzi di strada, alle loro scorribande, alle loro improvvisate (?) performance musicali, in cui è la macchina da presa a lasciarsi per prima sedurre da quanto accade di fronte al suo obiettivo.

Il belga Marc-Henri Wajnberg realizza un film in continuo divenire, una sorta di work in progress che pare sempre in bilico tra il documentario e la fiction narrativa e che trova in questa indeterminatezza la chiave vincente e l’assoluta modernità dell’operazione. Aprendo sul rituale esorcistico esercitato sui ragazzini, in cui la camera si pone in medias res, con lo sguardo antropologico di un Malinowski, per poi spostarsi a Kinshasa e seguire i piccoli protagonisti, i furti sugli autobus, coi poliziotti complici (perché si diventa poliziotti per rubare in santa pace e sbarcare il lunario, dice uno dei bambini) per arrivare alla potenza dell’elemento musicale, fil rouge del film che lega insieme i vari frammenti per liberarsi nella sequenza finale. Musica che collega i vari personaggi, che si fa orizzonte carico di speranza – formare una band e andare via, in Europa – e che informa di sé la messa in scena, dettando ritmi e tempi, passaggi liquidi tra volti e panorami, ambienti e situazioni. Wajnberg crea un’opera che, come le esibizioni dei suoi protagonisti, ha la forza di una perfomance live, sempre in presa diretta con le cose che racconta, siano i J’accuse di una madre verso il sistema sociale o gli attimi rubati per strada, un instagram più ragionato ma dal medesimo effetto reportage. E il livello sinestetico su cui lavora sfocia in una sequenza animata che esplicita intuitivamente la dimensione emotiva del film.


CAST & CREDITS

Regia e sceneggiatura: Marc-Henri Wajnberg; fotografia: Danny Elsen, Colin Houben; montaggio: Marie-Hélène Dozo; musica: Bebson "de la rue" and the Trionyx, The Diable Aza Te; interpreti: José Mawanda, Rachel Mwanza, Emmanuel Fakoko, Bebson "de la rue" Elemba, Gabi Bolenge, Gauthier Kiloko, Joël Eziegue, Mickaël Fataki, Samy Molebe, Papa Wemba, Joséphine Nsimba Mpongo, Django Abdul Bampu Sumbu, Jean Shaka Tshipamba, Emmanuel E. M. Ndosi El Bas; produzione: Wajnbrosse Productions, Centre du Cinéma de la Fédération Wallonie-Bruxelles et de VOO, Flanders Audiovisual Fund, Eurimages, Inti Films, Crescendo Films; origine: Belgio, Francia 2012; durata: 85’; webinfo: Sito Ufficiale


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