KOMMA
Altro film di produzione francese, anche se stavolta la regista è belga, inutilmente pretenzioso.
E ancora una volta lo spettatore viene tediato da vicende totalmente privi di risonanza e perciò sterili: piuttosto che venire catturato nella vicenda di fiction sullo schermo ne viene di nuovo totalmente respinto. Risultato ancora imputabile, pare, a un cineasta innamorato del suo story-concept, poi "allungato" a dismisura, mentre l’interesse per la storia va di nuovo a farsi friggere: qui è la molla scattata nel protagonsita, sopravvissuto miracolosamente a un infarto che decide da quel momento in avanti di godersi appieno la vita e dell’artista concettuale Lucy, che lo segue incuriosita da lui dopo aver perduto la memoria. A raccontarla, una vicenda così, puo anche suscitare interesse, ma la regista non fa che smorzare progressivamente i toni, fino a spegnerli quasi del tutto.
I due personaggi della storia non risultano veri, e di nuovo si manca l’aggancio col pubblico, cui non è dato un appiglio per entrare in empatia con loro e il loro destino.
Questo Komma, opera prima della regista belga Martine Doyen, presenta gli stessi difetti di fondo comuni ai suoi colleghi "cugini", qui addirittura alimentati dallo stile narrativo eccessivamente frammentario.
La visione d’insieme sulla storia viene così sacrificata al gusto per il dettaglio: ciò significa battere un sentiero lungo il quale poi, il pubblico (particolarmente quello odierno) difficilmente ti seguirà.
Komma e i suoi emuli rappresentano un tipo di cinema elitario che non trova un suo pubblico neppure in un festival come questo: figurarsi nella tradizionale distribuzione nelle sale mondiali.
Regia: Martine Doyen; soggetto e sceneggiatura: Martine Doyen, Valérie Lemaître; fotografia: Hugues Poulain; montaggio: Mathyas Verres, Martine Doyen; musiche: Jeff Mercelis; scenografia: Valérie Grall interpreti: Arno Hintjens, Valérie Lemaitre, Edith Scob, François Negret, Fabrice Rodriguez, produzione: LA PARTI PRODUCTION; origine: Belgio/Francia 2006; durata: 90’