Küf
Vuota, così è la vita di Basri, panorama ripetitivo come le lande dell’Anatolia. Dalla scomparsa del figlio, per diciotto anni, la quotidianità dell’ormai anziano ispettore dei binari è stata solo lavoro e attesa, lungo le rette parallele dei treni.
Küf, del turco Ali Aydin, è il racconto, ostico e straniante, di questa lunghissima attesa. Un’esistenza ripetitiva, trascorsa lungo i binari, dramma personale e, al tempo stesso, metafora delle ferite non rimarginate della storia turca. Il figlio di Basri è infatti scomparso, nella capitale Istanbul, dopo esser stato arrestato come nemico del governo. Un’accusa vaga e indefinibile, troppo spesso utilizzata per nascondere crimini efferati e disumani. Di che colpe si sarebbe macchiato non è dato sapersi, vane sono infatti le richieste di Barsi alle autorità, volutamente vaghe le risposte che Ali Aydin dissemina nella pellicola. Certo è che il vuoto esistenziale del protagonista sembra andar ben oltre la tragedia personale, allargandosi a rappresentazione di un paese e di un popolo ancora in bilico. La straordinaria esperienza della nuova Turchia deve infatti ancora completare un difficile processo di confronto con i drammi del suo recente passato e le inquietudini del suo presente. In questo quadro il patrocino alla pellicola del ministero turco sembra un piccolo ma importante passo. Sarà forse anche in nome di questo accordo, o forse per semplice volontà d’autore di Ali Aydin, che il dramma storico, permessa e fondamento del film, (probabilmente quello del popolo curdo) resta celato. Come per il conterraneo Nuri Bilge Ceylan, spazi e silenzi diventano, però spunto e metafora per queste riflessioni.
Cinematograficamente laconico ed essenziale, rarefatto nella rapprenotazione di un tempo e di una realtà sospesa, più che per il triste racconto di Basri, Küf può essere dunque utile per cercare di conoscere meglio il recente passato di un paese a noi molto vicino ma troppo spesso ignorato. In un periodo storico di grandi farcenti, di primavere e rivoluzioni, riflettere su esperimenti sociali e politici come quello in atto nella moderna Turchia sarebbe più che giusto, doveroso.
(Küf); Regia e sceneggiatura : Ali Aydun; fotografia: Murat Tuncel; montaggio: Ahmet Boyacioglu, Ayhan Ergürsel; interpreti: Ercan Kesal, Muhammed Uzuner, Tansu Bicer ; distribuzione: Sacher Film; origine: Turchia, 2012; durata: 94’