L’altra donna del re

Chissà se i tempi dell’Amore siano mai stati maturi o, anche, se mai siano giunti indenni sino a noi. Comunque, ancora oggi appartiene al sentire comune l’idea che il sentimento più elevato debba essere del tutto disinteressato e che, a causa di questa sua qualità, fosse anche intrinseca, non potrebbe vivere in comune accordo con la sete di successo: come se il moto d’animo che più di tutti dovrebbe elevarci, fisicamente e moralmente, non fosse nulla di fronte a chi vorrebbe conoscere una estasi del tutto materialistica.
Sir Thomas Boleyn considera le figlie Anna (Natalie Portman) e Maria (Scarlett Johansson) come un bene prezioso e, ancor più, come un investimento per l’intero nome del casato, alla ricerca di un’ascesa fin troppo ’borghese’ anche per una famiglia di nobili. Grazie all’intervento del Duca di Norfolk, cognato di Sir Thomas, il re Enrico VIII (Eric Bana) farà visita alla residenza dei Boleyn, una tenuta di campagna: è intenzione dell’anfitrione fare in modo che il sovrano, il quale non riesce ad avere un erede maschio dalla consorte, la regina Caterina d’Aragona, si invaghisca di Anna; Enrico, però, anche se inizialmente irretito dalla sfrontatezza della ragazza («Senza un uomo che vi aiuti, come pensate di tenervi in sella?». «Come fate voi maestà: con l’aiuto delle cosce!»), si sentirà conquistato, invece, dalla dolce Maria, già sposata e per nulla interessata a lui. Almeno al principio. Il potere assoluto del sovrano farà sì che l’intera famiglia dei Bolena venga accolta nella corte di Londra, dove vivrà stravolgimenti e capovolgimenti della sorte, da ascese inarrestabili fino a cadute irrefrenabili. Mentre, sullo sfondo, scorrerà la Storia e la nascita della Chiesa Anglicana nel 1534: ossia lo Scisma che allontanerà, forse definitivamente, gli isolani dalle sorti del Vecchio Continente.
Tutto a causa di una donna, di Anna Bolena, almeno secondo il romanzo L’altra donna del re, grazie al quale l’autrice Philippa Gregory si è probabilmente presa qualche licenza nell’interpretazione storica, non sottolineando a dovere le motivazioni più prosaicamente economiche: epperò fa anche piacere immaginare che ciò che più conti possa essere la legge del desiderio come unica regola del vivere in comune, visto che se lo spirito è debole, nondimeno la carne potrà essere più risoluta. ’Cherchez la femme!’, quindi. Cercate una ragazza delusa dalle regole del tempo, come anche dal comportamento della sorella, e ritroverete una donna desiderosa di vendetta, capace di utilizzare indubbie doti di intelligenza e seduzione per ottenere quello che pensa di meritare: mai completamente colpevole, però, così come neanche il carnefice Enrico lo è fino in fondo, lui umorale traditore, ma anche tradito di continuo da quasi tutti quelli che cercano di vivergli intorno. ’L’altra donna’ sarebbe Maria, nei secoli oscurata da Anna e poi caduta nell’oblio, probabilmente perché sopravvissuta a quel Potere che molte teste ha fatto cadere, nutrice di Elisabetta I (la ragazzina dai capelli rossi che, un giorno, diverrà la regina dai molti volti, fra cui quelli di Helen Mirren e di Cate Blanchett) che tanta gloria darà all’Inghilterra, paradossale figlia illegittima di un uomo che desiderava un erede maschio, a qualsiasi costo. Perché sembrerebbe che qualsiasi donna, di fronte a Enrico, così come al sentimento maschile del tempo, sarebbe ’altra’ ed estranea.
Il film di Justin Chadwick vorrebbe restituirci una storia nata sotto il segno della divisione che si frappone fra le opposizioni di qualsiasi sorta: perché la campagna, luogo di pace interiore, appare così diversa dalla corte di Londra, babilonia moderna dove regnano il vizio, l’ambizione e l’amoralità; mentre l’amore disinteressato, assai sporadico, ma che almeno alberga nei cuori più giovani, si scontra con l’intrigo e la seduzione in quanto manipolazione; laddove l’autorità viene esclusivamente esercitata dagli uomini per soggiogare le donne, anche quando queste ultime sono indotte a credere di poter contare su di un loro qualche potere. Anche le due sorelle sono poste dagli eventi l’una contro l’altra, ma, indubbiamente, il loro rapporto è assai dinamico, toccando sia l’odio reciproco che la complicità: la bruna Anna (ben interpretata da una splendida Natalie Portman, connubio ormai inestricabile di fascino e bravura, capace di esaltarsi nel restituire una sensibilità esacerbata, nevrotica e disperata, mentre gioca con la mdp e il pubblico) lungo il corso del film vivrà un cambiamento che la renderà un personaggio assai interessante; mentre la bionda Scarlett incarna maggiormente i valori del rispetto e rappresenta una carnalità languida e docile e come abbandonata al destino che le si profila all’orizzonte, mantenendosi più innocente, come una bambina – anche a causa del doppiaggio italiano, che ha rovinato la sua voce sensualmente rauca - quantunque si accorgerà presto delle brutture che la circondano, pure se lei stessa avrà molto da farsi perdonare, nonostante dichiari di aver agito solo per Amore. E sulle due ragazze solo una persona cercherà di vigilare: un’altra donna, la madre, ossia una impotente Lady Elizabeth (Kristin Scott Thomas).
Questa storia di donne, intrappolate in un melodramma dove gli affari di cuore diventano affari di Stato - e viceversa - annulla la presenza maschile, mettendone in risalto la debolezza e la viltà che si nascondono dietro la sua volontà di sopraffazione: e, in effetti, alquanto nulla è la presenza attoriale di Eric Bana, nonostante i bellissimi costumi e le luci che avvolgono lui e l’intero film. Mentre la regia si muove senza particolari invenzioni nei meandri della corte, come a voler scoprire i segreti che sono rimasti nascosti anche alla Storia.
(The Other Boleyn Girl); Regia: Justin Chadwick; soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Philippa Gregory; sceneggiatura: Peter Morgan; fotografia: Kieran McGuigan; montaggio: Carol Littleton e Paul Knight ; musica: Paul Cantelon; scenografia: John Paul Kelly; costumi: Sandy Powell e Jane Law; interpreti: Natalie Portman (Anna Bolena), Scarlett Johansson (Maria Bolena), Eric Bana (Enrico VIII), David Morrissey (Duca di Norfolk), Kristin Scott Thomas (Lady Elizabeth), Mark Rylance (Sir Thomas Boleyn); produzione: BBC Films, Focus Features, Relativity Media, Ruby Films, Scott Rudin Productions; distribuzione: Universal; origine: Gran Bretagna 2008; durata: 116’; web info: sito italiano.
