L’amministratore
La bravura di Vincenzo Marra non la scopriamo certo oggi. Ma la sua leggerezza, il suo essere praticamente invisibile tra le storie che racconta, quel suo silenzioso ed ostinato scorrere nei luoghi e nei quotidiani della sua città d’origine, la sua decisa osservazione della gente nata e cresciuta in una terra e in una cultura che conosce a fondo, beh, saranno pure norma, ma lasciano ogni volta sorpresi. Estranei alla massa, L’udienza aperta, Il grande progetto, Il gemello, ed ora questo nuovo capitolo su Napoli: L’amministratore, che forse parla anche di altri pezzi d’Italia, e che fa del regista napoletano un esponente sempre più importante di quel "cinema del reale" che più passa il tempo (e il Festival del Film di Roma ne è prova ulteriore) più diventa cinema e basta, e più rende patinato e di maniera il povero cinema di finzione. Così pare che vadano le cose, e da questo punto di vista Marra sembra aver compreso più chiaramente di altri suoi colleghi quale sia la strada giusta da seguire. Sono ormai anni che non lavora più sulla finzione, e sono ormai stagioni che monta sguardi, drammi e vissuti come se nulla fosse cambiato rispetto a Tornando a casa, Vento di terra e L’ora di punta: cinema, appunto, in un modo o nell’altro, che parla della vita, nient’altro ha senso raccontare. L’autore sa scegliere, cerca una vita per raccontare una realtà, un mondo, un tema. Punta su un Virgilio del reale, stavolta più che mai, su un uomo nato attore, e che quasi per errore, oltreché per sincera passione, fa l’amministratore di condomini. Si chiama Umberto Montella ed è un napoletano sobrio, sveglio, vestito bene, che ne ha viste tante, anche sulla sua pelle, e che ammortizza tutto con un piccolo sorriso, con una frase morbida, con un commento leggero, con un silenzio se proprio è necessario. Marra l’ha prima pensato e poi cercato a lungo. Lo ha prima osservato ad occhio nudo e mani libere, nel corso dei giorni, e solo dopo, una volta conquistata la sua fiducia, una volta stabilita una relazione, ha acceso lo strumento per riprendere. Con quest’uomo che mescola l’accento dolce su un italiano corretto ad un uso più marcato della lingua napoletana, attraversiamo la città dall’alto in basso, da Posillipo, sul mare, con le piante e le terrazze, a San Giovanni a Teduccio, coi topi e il dialetto stretto da sottotitolare, coi muri che vengono giù. In mezzo a questi estremi, altri pezzi di una città unica: il Vomero di una media borghesia che si perde in discussioni sterili, e la Sanità dei vicoli, dei bassi, della città più antica. Il quartiere di Totò, i panni stesi, il rumore, uno spazio ancora capace di produrre creature che hanno sulla pelle e negli occhi secoli di Napoli. Marra nel frattempo sembra non esserci. Scomparso! Ci sono solo le persone incontrate dall’amministratore, con le loro miserie e il loro passato, con le loro parole e i loro occhi, con le loro ragioni e le loro piccolezze, espresse a un "dottore" che già sa, perché anche lui lì è nato, ed anche quando sente odore di camorra, anche quando il dramma della casa si riempie della più assoluta serietà, e la vita umana erutta il suo dolore, lui sa quello che deve fare, sa come spegnere l’incendio, come tamponare l’emorragia. Tanto poi la vita riprende, e Marra, che ricompare all’improvviso, è pronto a coglierla di nuovo, un altro pezzo di realtà.
Regia: Vincenzo Marra; Interpreti: Umberto Montella; Produzione: GIANLUCA ARCOPINTO PER AXELOTIL FILM